ASCOLI PICENO – Lunedì  5 marzo nel centro giovanile “L’impronta” di Ascoli c’è stato l’incontro con Rino Giacalone, giornalista e corrispondente da Trapani per “La Sicilia”. Davanti a un pubblico giovane e attento il giornalista ha tenuto una conferenza sul “Business degli stupefacenti e la controinformazione”.

Giacalone ha fatto una panoramica documentata con fatti e atti giudiziari di quella che è stata la storia della mafia a Trapani e in Sicilia negli ultimi 40 anni. Una ricostruzione piena di atroci delitti, spesso ancora impuniti, di estorsioni, raggiri e ricatti allo stato. Lo scenario delineato dal giornalista ci ha presentato una realtà drammatica, dove i mafiosi sono spesso collusi con i poteri forti dello stato: dai servizi segreti al mondo bancario, dalle istituzioni alla politica sia locale che nazionale.

“E’ difficile persino poter parlare di questi argomenti, la gente si è assuefatta a queste tematiche, molte volte si è rassegnata e ha smesso di combattere per eliminare il “cancro mafioso” dalla nostra società”, sono le dure le parole di Giacalone e suonano come una triste presa d’atto di un uomo che, pur deluso dal sistema, non smetterà mai di lottare per la legalità.

La mafia è radicata nel nostro stato e spesso ne governa i meccanismi più potenti; dopo alcune battute di arresto negli anni ’90 che hanno visto magistrati come Falcone e Borsellino vincere delle grandi battaglie contro il fenomeno mafioso ora la mafia è risuscita a trovare nuovi referenti politici che le garantiscono potere e impunità”. E mentre il giornalista parla, “non vola una mosca” nella sede del centro giovanile l”Impronta”. I tanti ragazzi delle scuole superiori e tutti gli altri presenti si rendono conto che con il suo impegno giornalistico probabilmente ha rischiato e rischia la vita ogni giorno.

“Non biasimo i giovani giornalisti che non se la sentono di raccontare gli intrighi mafiosi, l’informazione in Italia è mal pagata e poco tutelata” ha proseguito Giacalone “spesso chi fa informazione riesce ad ottenere avere successo solo se racconta le cose che “tutti vogliono sentire”, non se scrive la verità”. Una verità che è scritta in atti giudiziari ma che nessuno sembra interessato a divulgare se non qualche coraggioso magistrato o qualche intrepido giornalista. Una verità che è costata la vita a tanti: la sfilza di morti che Giacalone cita nel suo intervento è impressionante.

Chiunque si sia accostato alla “piovra” e abbia cercato di spezzarne i tentacoli ne è uscito morto; per citarne solo alcuni: Mauro Rostagno, coraggioso giornalista, ammazzato dalla mafia in circostanze ancora da chiarire; Ciaccio Montalto eroico magistrato per il cui delitto nessuno ha mai scontato pene. Muore chi indaga sulle connessioni tra mafia e politica; Spampinato, De Mauro, Mario Francese, Pippo Fava, per fare alcuni nomi. Muore chi indaga su questo “piaga”, tanti giudici e tanti onesti rappresentanti le forse dell’ordine, tanti che non basterebbe un giornale intero solo per citarne i nomi.

Giacalone continua a parlare come un fiume in piena, parla: dei traffici di droga che consentono alla mafia di avere grandi disponibilità di liquidità, di collusioni con le banche che riciclano il denaro sporco di sangue, di appalti truccati che portano nelle casse mafiose soldi e potere, di politici che sono i referenti della cupola e che sono all’interno delle istituzioni.

Eppure il giornalista si continua ad indignare quando afferma: “Dici ‘appalti’ e l’attenzione generale già si sgonfia. Racconti delle immense ricchezze accumulate con la droga, con la violenza, e ti senti rispondere: appalti, droga? Tutto qui?  Dici corruzione, voto di scambio, e sembra che stai parlando di Marziani. E’ questa allora la mafia? Appalti e droga? Contiguità e collusione con le amministrazioni locali, sindaci, assessori e qualche consigliere provinciale? Tutto qui? Sì, verrebbe da dire, tutto qui”.

Non è tutto qui, in queste poche parole c’è la dignità di ognuno di noi, una dignità che va coltivata e che se si perde è peggio che perdere la vita stessa. Ogni volta che giriamo la faccia per non vedere, ogni volta che subiamo un sopruso e facciamo finta di nulla perdiamo un po’ di noi stessi; uomini come Giacalone ci ricordano che c’è un altro modo per vivere, un modo in cui la giustizia e la legalità non sono un regalo di qualche potente ma un diritto di ogni essere umano.

Il giornalista ha concluso il suo intervento ringraziando don Paolo Sabatini e l’associazione “Libera” per l’iniziativa e per avergli dato la possibilità di raccontare la sua esperienza. Una interessante relazione del cronista sul fenomeno mafioso è pubblicata nel sito www.ascoligiovane.it.


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