CASTEL DI LAMA – The Neverending story II. La discarica di Relluce, una storia infinita. I cittadini di Castel di Lama e quelli di Appignano del Tronto, rappresentano quella parte di popolazione residente nella vallata, più esposta ai disagi provocati dal sito di smaltimento rifiuti non pericolosi, che si trova nel comune di Ascoli Piceno, in località Relluce.

La comunità delle zone limitrofe, in forza del comitato antinquinamento di Castel di Lama, da decenni denuncia gravi disagi che, sostanzialmente, si traducono nel dover convivere con un cattivo odore che non è mai cessato. Perché c’è questo cattivo odore? Se una discarica è perfettamente funzionante, e soprattutto ben gestita, perché genera questa sorta di anomalia?

Nel triennio 2009-2011 (fino a tutto gennaio 2012), sono state effettuate delle analisi , dalla municipalizzata Ascoli Servizi Comunali, gestrice dell’impianto, che hanno riscontrato delle anomalie: in particolare, i rapporti di prova relativi ai campionamenti della acque sotterranee, rilevarono un continuo superamento delle Csc (concentrazioni soglia di contaminazione), attribuibili a solfati, ferro, manganese e nitriti. La Provincia di Ascoli, nel giugno 2011, inviò subito una copia della relazione con tutti i risultati, ai vari organi competenti: Sindaco di Ascoli Piceno, Arpam ed Asur.

Al margine dell’ultima conferenza di servizio, avuto luogo il 21 marzo del 2012, L’Arpam, 10 giorni dopo, inviò le sue valutazioni finali sulla questione, al Responsabile  del Servizio Ambiente del Comune di Ascoli, convalidando in pieno le analisi effettuate da Ascoli Servizi Comunali, accertando, di fatto, continui superamenti della soglia di contaminazione delle acque sotterrane. I superamenti relativi ai nitriti vennero riscontrati in un periodo compreso tra ottobre 2009 e febbraio 2010, in particolare nei prelievi effettuati, rispettivamente sia monte che a valle, della quinta e quarta vasca. Dati, soprattutto quello relativo alla quarta vasca, poco significativi, perché non ripetuti nel tempo.

I superamenti tabellari , invece,relativi ai solfati – con prelievi effettuati, allo stesso modo, sia a monte che a valle, con picchi massimi raggiunti in seguito ad eventi meteorici – non sembrarono essere direttamente correlati con il percolato prodotto dalla discarica, anche se negli anni vennero evidenziati picchi di concentrazione relativamente a composti, quali, cloruri ed ammoniaca. Parametri, comunque, indicatori di un’attività di discarica.

Inoltre, nell’ambito delle misure di prevenzione e messa in sicurezza d’emergenza, in seguito alle molte attività di monitoraggio effettuate, sono state evidenziate formazioni di falde sospese all’interno del corpo rifiuti nella prima, nella seconda e nella quarta vasca. L’ipotesi più accreditata è, quindi, che l’acqua piovana – in cui, tra gli altri composti, vi è anche la presenza di solfati –, infiltrandosi nella discarica, abbia provocato una produzione abbondante di percolato, non sufficientemente drenato ed allontanato dalle vasche stesse.

L’ipotesi, formulata dall’Arpam, relativamente al superamento della soglia minima di solfati, non è indice di contaminazione direttamente correlabile con l’attività della discarica, ma comunque mette in evidenza una eventuale mancata corretta gestione, in fase operativa, della sistemazione dei rifiuti e del trattamento del percolato, che invece dovrebbe essere allontanato con delle procedure ben precise.

Quanto, invece, al superamento dei valori relativi al ferro ed al manganese, la relazione confermò che gli elementi presenti fossero riconducibili ad una loro naturale presenza nel terreno, in quella zona.


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