Nuovo governo. Letta resta ma anche Silvio Berlusconi per cui la vedo dura per Alfano. Se quella di ieri era invece una sceneggiata di ispirazione berlusconiana da far invidia ad Edoardo de Filippo, Alfano, altro che angelino, andrebbe ribattezzato.
Nulla però c’entra con il mio disappunto odierno. Che riguarda il confermato primo ministro autore di tre discorsi veramente esemplari tanto da far pensare ai renzisti nostrani, a quelli della prima ora e a quelli dell’’ultim’ora Gaspari, Sorge, Evangelisti, Agostini e Liberati, che è giunto prematuramente il tempo di scendere dal nuovo carro.
Enrico Letta ha, infatti, messo una grande ipoteca sul suo partito, tanto che da adesso in poi le sparate di Renzi gli faranno un baffo. Uno che ha convinto (se tanto è stato) il delfino Alfano a pensare almeno una volta diversamente da Berlusconi merita l’indiscutibile leadership del Partito Democratico. Tanto che rottamare uno così non sarà facile. Il rottamatore quindi non serve più. Insomma di carri “toscani” ne è rimasto uno solo.
Ma torniamo ai discorsi di Letta che lasciano intravvedere un futuro roseo per l’Italia ma con un “punto interrogativo” che ha lui stesso indicato nel suo intervento finale: “l’Italia è bravissima a fare Leggi e a proporne nuove sempre più brillanti ma mai o quasi le stesse vengono messe in pratica”. Proprio così ma, mi domando, si è chiesto perché?
È tutto su questo “perché” il mio disappunto.
I suoi predecessori Andreotti, Amato, Ciampi, Napolitano, Berlusconi, Prodi eccetera sapevano che i bei discorsi post incarico (tutti uguali quello di ieri compreso) erano solo una passerella che non sarebbe servita a nulla. Letta lo sa?
Mi auguro di no ma preferirei che lo sapesse ed iniziasse, sin da subito, ad agire. Come? Con forza sui politici che nei vari territori rendono vane le belle parole di ieri. Con le loro lobby, con i loro clientelismi, con il loro egoismo, con le loro ignoranze. Per questi precisi motivi le parole da teoria non diventano pratica.
Caro Letta se lei non è “il giovane vecchio di una nuova prima repubblica” (così lo ha descritto un giornalista su Sky) agisca sulla possibilità di applicare veramente le sue parole di ieri e quindi su chi, nel territorio italiano, vanifica da anni i soliti bei discorsi a fiducia ottenuta. Come del resto ha detto anche lei. Se spezza questo filo avrà voti da ovunque e da chiunque. Anche dai renziani puri.
Secondo me, per eliminare una classe politica ignorante, egoista, opportunista, vergognosa come quella italiana si deve risalire ai motivi per cui oggi gli italiani si mettono in politica, sfruttando la propria faccia tosta più che un curriculum che ne giustifichi la scelta.
Suggerisco alcuni antidoti:
a- riduzione all’essenziale dei loro stipendi e quindi di una retribuzione da servizio sociale qual è.
b- togliere loro la possibilità di giostrare con le promesse di lavoro o di favori illeciti finalizzate alla propria elezione.
Una pura questione di cultura sulla quale nessun premier punta veramente. Nemmeno a parole: perché nei loro discorsi parlano di sostegno alla cultura, alla scuola ma non della necessità di un cambiamento di mentalità. O meglio auspicano la fine della malapolitica (che è già un’ammissione: niente non è) ma lo fanno con i soliti paroloni astratti e senza senso con i quali hanno almeno dieci scappatoie per smentirsi e modificare il tiro. Servono parole chiare inequivocabili. Per esempio, e lo dico senza tema di smentite, quelle dei Cinque Stelle lo sono. Basta con il politichese.


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