ASCOLI PICENO – “Lo Stato ha il diritto-dovere di regolare le convivenze, non solo quelle omosessuali. Emanare queste normative spetta allo Stato. Altra cosa è parlare di matrimonio, e ancora più di adozioni. E di questo la sentenza di Strasburgo non tratta”. Lo afferma Monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli , dopo aver letto la sentenza della Corte europea dei diritti umani per esprimere un parere a ragion veduta sull’indicazione che arriva da Strasburgo all’Italia affinché introduca un riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso.

Ma quello che primariamente tende a far notare, in un colloquio con l’agenzia Ansa, è che la Corte di Strasburgo ha fatto riferimento nella sua sentenza all’articolo 8 della Convenzione, “individuando un’insufficienza nei diritti di tutela in relazione alla vita privata e familiare”, quindi per quanto attiene ai diritti privati della persona, mentre ha rigettato l’istanza dei ricorrenti per quello che concerne l’articolo 12, cioè in relazione al matrimonio.

“Quanto la Corte di Strasburgo dice all’Italia – spiega – è che deve regolamentare le coppie di convivenza, sia di persone dello stesso sesso che di sesso diverso. E lo Stato ha diritto a disciplinare questo tema. Tutt’altra cosa è affermare che ci sia un diritto al matrimonio. Una cosa è tutelare le convivenze, per quanto riguarda gli aspetti della vita umana e familiare, ben altro è riconoscere la possibilità di unirsi in matrimonio. Questo mi pare il contenuto e il tenore della sentenza”. A proposito, poi, del governo italiano che si appresta a legiferare sulle unioni civili, mons. D’Ercole – che ha alle spalle 10 anni di vita missionaria in Africa ed oltre vent’anni di lavoro in Vaticano, prima come vice direttore della Sala stampa della Santa Sede dal 1987, poi dal 1990 al 2009 in Segreteria di Stato – è lapidario. “Lo facesse!”, risponde. “E’ un diritto dello Stato su cui noi non possiamo intervenire né interferire – osserva -. So bene anche quanto sia difficile perché lo Stato deve fare una mediazione tra diverse posizioni. E’ tuttavia importante arrivare a delle norme che tengano conto delle diverse sensibilità. Ma mi sia permesso di esprimere questa mia visione che non è confessionale, ma riprende e rispetta la sensibilità di molte persone che incontro quotidianamente. Il punto fondamentale è il seguente: d’accordo sicuramente sul fatto di tutelare e regolare le convivenze tra persone indipendentemente dal loro sesso, ma parlare di matrimonio, con il corollario delle adozioni, è un tema più complesso che merita ben altra attenzione e un approccio culturale ed umano non facile. Si tratterebbe infatti di cambiare quanto attualmente resta solo per quella che viene definita famiglia, riconosciuta come tale dalla Costituzione”.

Il vescovo, comunque, ci tiene a ribadire che auspica “attenzione per le coppie omosessuali e per gli omosessuali in genere”. “Niente discriminazioni – avverte -, e come vescovo ho grande cura per ogni persona omosessuale anche se a volte puntare troppo i riflettori sui gay potrebbe essere anch’essa una sottile forma di discriminazione. Ritornando alla sentenza di Strasburgo mi pare che si debba affermare che dà, sì, indicazioni, ma sulle convivenze in genere, pur se con un accentuazione per le coppie omosessuali”


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