ASCOLI PICENO – Mobilitazione nazionale degli studenti indetta venerdì 9 ottobre. Anche la Rete degli Studenti Medi del Piceno fa sentire la sua voce.
Studentesse e studenti di tutto il Piceno hanno dovuto subire l’approvazione della legge “Buona Scuola”. Legge che non ha assolutamente tenuto conto degli studenti, aumentando disuguaglianze e diminuendo democrazia e non incentivando il diritto allo studio nelle nostre scuole.
Quello stesso diritto allo studio che da anni sta subendo tagli su tagli, ultimo tra tutti quello ai mezzi pubblici con il conseguente ennesimo aumento del biglietto e degli abbonamenti. Sta diventando impossibile per molti riuscire a pagare il trasporto per la propria scuola, quella stessa scuola che dovrebbe essere “aperta a tutti” secondo la Costituzione.
Quella stessa scuola che magari cade a pezzi, si allaga ogni volta che piove, dove bisogna transitare attraverso passaggi provvisori e pericolanti da anni.
Quella stessa scuola che non incentiva lo studio e la curiosità, che considera l’insegnamento come un qualcosa di secondario e non come il principale motivo per cui la scuola esiste.
La scuola, quella che non promuove il dialogo tra gli studenti e tra studenti e insegnanti, quella che non crea spirito critico.
Quella scuola che spesso chiude le porte al sano dibattito sui temi d’attualità che interessano i giovani e gli studenti, temi su cui c’è bisogno di fare chiarezza.
La scuola italiana che non informa gli studenti, e che non li guida verso un processo di vera partecipazione al suo stesso interno e nella società odierna.
Vogliamo una scuola inclusiva, democratica, laica.
Vogliamo una scuola dove il pomeriggio possiamo svolgere attività di studio, di ricerca e di cultura fianco a fianco con gli studenti.
Vogliamo che non esistano più scuole di serie A e di serie B, vogliamo che lo studente possa davvero scegliere di proseguire o meno i suoi studi senza essere influenzato in alcun modo da fattori economici o sociali.
Vogliamo una scuola che non badi agli interessi economici ma alla sua qualità, vogliamo una scuola che sia davvero pubblica.
Vogliamo una scuola sicura, una scuola che non rischi di allagarsi o di mettere a rischio la vita degli studenti, che sia a norma.
Non vogliamo spendere un patrimonio per frequentare un posto nel quale ci spetta di diritto andare.
Vogliamo vivere nuove esperienze di insegnamento e di coinvolgimento nelle classi, momenti che stimolino la discussione e il dialogo aperto tra studenti e insegnanti.
Crediamo che sia necessario tornare a parlare di cultura e attualità dentro le scuole per abbattere i pregiudizi, le barriere sociali e creare un pensiero vivo e fervido tra tutti gli studenti.
Vogliamo una scuola che sia vero motore d’informazione per gli studenti, dagli ambiti scolastici a quelli culturali e sociali. Vediamo nella comunicazione e nei momenti di partecipazione un pezzo fondamentale per la formazione e la crescita di ogni studente.
Crediamo che gli studenti abbiano diritto a tutto questo.
Per questo il 9 ottobre scenderemo in piazza, per abbattere questi muri e per ricostruire, mattone dopo mattone, il nostro futuro.
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Vogliamo, vogliamo, vogliamo, vogliamo.
Una delle prime cose che ti insegnano a scuola è proprio questa: “L’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re”.
Ebbene si, le cose ahimè, cari studenti delle superiori e delle università (mi ci inserisco anche io) bisogna PRETENDERLE.
Tutti gli argomenti che avete elencato in questo comunicato, ragazzi della Rete degli Studenti Medi, sono diritti, ossia delle prerogative del sistema istruttivo del nostro Paese; non tanto per la nenia del “considerato civile” (seh, vabbè), quanto per la sua storia e le sue radici di cui dobbiamo andarne fieri, e ancor meglio, tutelare.
Ma, perdonatemi il rimprovero, cari studenti, e qui mi rimprovero anche io.
Ho partecipato spesso nell’arco del mio tempo liceale a queste manifestazioni e non ne ho mai compreso:
nè la loro periodicizzazione -come se fosse un anniversario, o il compleanno di qualcuno- nè le motivazioni: le stesse da anni diffuse attraverso mezzo stampa o cori pseudo sportivo-sinistrorsi.
Badate bene, so che queste manifestazioni vengono da tempo organizzate in tutta Italia per la Giornata del diritto allo studio.
Ma da quando le manifestazioni si organizzano per una ricorrenza e non per una necessità?
Gridate-anzi alzate la voce, o meglio parlate, perdonatemi meglio ancora, sussurrate nelle piazze – con degli slogan e un modo di agire che farebbe invecchiare anche un anziano malinconico sessantottino.
Nonostante queste manifestazioni siano organizzate in contemporanea in tutta Italia, nessuno studente ne sente la minima appartenenza o importanza.
Allora una domanda mi sorge spontanea.
Quanto può servire una protesta se viene meno il suo principale obiettivo: cioè, quello di ribaltare una situazione istituzionale a dir poco inquietante?
Gli studenti prima riuscivano a ribaltare i governi:
oggi invece ci si accontenta di qualche cassonetto.