ASCOLI PICENO  –  In merito alla vicenda degli obiettori di coscienza al “Mazzoni” di Ascoli e sul relativo articolo del New York Times, interviene anche il Sindaco Guido Castelli.
In una nota, il primo cittadino parla di come “‘ l’ aborto sia uno dei temi più complessi, drammatici e conflittuali da trattare. Duole constatare, invece, come molti intervengano sull’interruzione di gravidanza con una superficialità resa tanto più grave dalla delicatezza della materia. Mi riferisco, in particolare, al New York Times che accende i riflettori sulla nostra città descrivendola come una sorta di enclave oscurantista dove l’aborto è precluso a causa della presenza di un numero rilevante di obiettori di coscienza all’interno della classe medica ascolana. Anche il mio collega di San Benedetto, a dire il vero, parlando recentemente di “mancata applicazione di una legge dello Stato” non ha contributo a fare chiarezza sulla vicenda.”
Prosegue Castelli: “si calcola che in Italia siano oltre il 70%  i medici che nelle strutture pubbliche per motivi di coscienza rifiutano di praticarlo. Se fossi un medico anch’io mi allinerei con questi medici. Per motivi etici, culturali e di coscienza sono contrario all’aborto ma la mia personale posizione non mi esime dal precisare che ad Ascoli le donne che lo vogliono possono effettivamente  interrompere la gravidanza all’interno della struttura pubblica. La legge 194  del 1978, insomma, è pienamente applicata anche in Ascoli. E’ vero, infatti, che la stragrande maggioranza dei medici ascolani è contrario all’aborto ma è altrettanto vero che esso viene regolarmente praticato in virtù di un protocollo tra l’AIED (Associazione Italiana Educazione Demografica) e il Servizio Sanitario.”
Conclude Castelli: “il privato sociale mette a disposizione delle donne che lo desiderano, strutture  e medici che praticano l’aborto e assistono la donne. Insomma ad Ascoli si è implementato un sistema – tra i pochi nelle Marche – per il quale la scelta etica e morale dei medici non osta alla pratica dell’interruzione di gravidanza. Questo è un dato di fatto che non sta a me giudicare. Quel che mi preme, tuttavia, è di non criminalizzare quegli ottimi professionisti che nella struttura pubblica richiamano la clausola del diritto all’obiezione. Il dibattito, sul  conflitto fra la tutela dei diritti riproduttivi delle donne e la tutela del diritto all’obiezione di coscienza rischia di essere fuorviante e ideologico. Le cronache del NYT ne sono un’esemplare testimonianza. Per parte mia non posso che auspicare una città in cui il punto nascita sia sempre più affollato e le sale operatorie preposte all’aborto sempre più deserte. Ma ciò accadrà solo quando la cultura della vita e il sostegno alla maternità torneranno finalmente ad occupare un ruolo prioritario nell’agenda dei governi nazionali e della società.”

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