La nostra Valentina Trenta risiede attualmente a San Benedetto del Tronto ma fino al 24 agosto scorso viveva a Pretare, una frazione di Arquata del Tronto, comune marchigiano devastato dal terremoto con un numero elevato di vittime. Oltre ad essere nostra valente collaboratrice, conosce ovviamente molto bene quanto sta accadendo nelle zone colpite dal sisma.
Il post- terremoto di Arquata sta diventando un incubo. Bisognerà muoversi in fretta oppure molti potrebbero decidere di abbandonare tutto.
Dopo un’attenta analisi dei fatti, la situazione è drammatica. Parlare di crescita, di rinascita crea un ottimismo temporaneo ma fare i conti con le realtà fantasma fa ripiombare nella cruda verità delle cose.
L’attenzione mediatica iniziale ha lasciato spazio all’oblio. I comuni colpiti dal sisma per ben tre volte stanno subendo un immobilismo di fatti e di informazione.
Dopo la scelta di trasferire tutti negli alberghi a San Benedetto, Arquata del Tronto è rimasta come fanalino di coda, da inserire come riempitivo di un elenco imparato a memoria.
Le persone interessate si sono viste costrette a reclamare l’attenzione, a esprimere le proprie opinioni, a costituire associazioni per comprendere meglio il proprio futuro.
Tuttavia, nulla appare diverso dal 24 agosto. Poco è stato fatto e le scelte spesso non sono state neanche così ideali per la popolazione.
Gli esempi da citare sono diversi; non si comprende fino in fondo che la carenza di interventi mirati e veloci porterà allo spopolamento della montagna. La mancanza di certezze contribuirà notevolmente a fare scelte di sfinimento, di paura, di razionalità estrema.
Dopo la fase emergenziale che ha visto un dispiegarsi di tutte le forze preposte, la solidarietà immensa dei singoli cittadini, la popolazione si trova ora a cercare risposte, ripetendo le domande a cantilena.
Casette di legno, i quesiti sono essenzialmente due. Come sono? Nessuno si è preso la briga di spiegare realmente a chi dovrà abitare tali strutture precisazioni in merito. Sarebbe necessario capire come sono fatte, di che materiale, la loro abitabilità, la grandezza in base al nucleo familiare.
Quando arriveranno? Sembrava che dovessero arrivare in primavera, poi lo slittamento nei primi giorni estivi per poi piombare in un’oblio di rassicurazioni fasulle. Gli sfollati che ora si trovano negli alberghi delle strutture alberghiere si rendono conto di occupare camere destinate al turismo balneare. Lecite sono le preoccupazioni di chi teme di ritrovarsi senza albergo e senza casetta di legno. A quel punto, seppure volesse, la legge nella Regione Marche, vieta ogni insediamento di tipo privato. L’unica soluzione logica sarebbe trasferirsi magari nelle vicine cittadine per abbandonare definitivamente la montagna.
Stalle: gli allevatori si trovano in una condizione seriamente precaria. Hanno ricevuto la promessa di aiuto qualche mese fa, eppure rallentamenti burocratici hanno impedito l’istallazione delle tensostrutture adibite a stalle e fienili. Dopo le recenti nevicate, i lavori sono ulteriormente diminuiti e gli animali costretti a ripararsi ove possono. Gli organi preposti al controllo di tali lavori non avevano considerato l’inverno in piena fase, le nevicate in montagna, il gelo che rende difficile la fruibilità dell’acqua?
Gli animali che perdono l’orientamento si perderanno nei boschi, specialmente vitelli e agnelli e diventeranno facili prede per i lupi. Questo comporterà nuove perdite per gli allevatori, che si trovano già a dover fronteggiare una situazione divenuta ingestibile, percorrendo almeno settanta chilometri ogni giorno.
Ora, si prospetta un sistema “spendi tu, poi ti rimborso”, che più che aiuto sembra essere un disbrigo di una faccenda scottante. Molti allevatori hanno avuto grosse perdite economiche, dunque improntare una certa somma potrebbe diventare complicato.
Attività commerciali: quali interventi immediati sono stati effettuati per far sì che le attività presenti sul luogo fossero incentivate a rimanere?
Alcune di queste attività si sono trovate nella condizione di trasferirsi altrove, affittando capannoni e locali per ripristinare i loro servizi e non perdere i clienti abituali. Quante di tali aziende torneranno in montagna?
Per chi ha deciso, per amore delle proprie origini e attaccamento al territorio, di rimanere e riaprire l’attività, in quale maniera concreta verrà aiutato? Essere lasciati soli ad affrontare tutto quello che il post terremoto comporta potrebbe scoraggiare molti commercianti.
Per riaprire un’attività si deve dare un nuovo assetto alla popolazione, a chi vive quei posti, per garantire un circuito economico in grado di sostentare le varie attività. Più scorre il tempo, più diventerà complesso tornare a dare vita a un territorio così martoriato, proveniente da una situazione di crisi e abbandono già prima del terremoto.
Contatori acqua, luce, gas, Non è stato mai spiegato come comportarsi. E’ stata considerata una sospensione temporanea, oppure si tratta di un’interruzione?
Per chi possiede una casa completamente distrutta, è consigliabile disdire qualsiasi tipo di contratto oppure avviene automaticamente?
Per chi ha, invece, la casa agibile o con lievi lavori di rifacimento, l’interruzione comporta il pagamento delle spese fisse in un’unica rata finale o si prevede di far ripartire i costi dal momento della dichiarazione di agibilità?
Ricostruzione: nonostante anche le casette di legno sembrano essere diventate un miraggio, il pensiero della ricostruzione è importante per chi ha perso una casa e sogna di riaverla indietro.
Quello della ricostruzione è un argomento in voga, utilizzato spesso, decantato, ma mai realmente affrontato.
La volontà di ricostruire è seriamente al 100% oppure è bene preparare la popolazione a rinunciare a quest’idea? L’immobilismo che si percepisce nasconde un reale capovolgimento delle aspettative iniziali?
Come si utilizzeranno gli investimenti pubblici e le donazioni ricevute in favore della ricostruzione.
La popolazione di Arquata intende conoscere i progetti, le idee, se si valorizzeranno i punti di forza del territorio.
Si investirà in turismo? Potrebbero nascere attività finalizzate alle camminate in montagna, all’importanza di tutto quello che ruota intorno alla bellezza e alla storia del territorio montano, alla valorizzazione dei prodotti tipici, alla possibilità di rendere i borghi di Arquata un’attrattiva non di un turismo di massa o ancora peggio di curiosi morbosi, bensì un turismo consapevole, che non esige snaturare quella montagna ma omaggiare la sua forza e la sua maestosità.
Il “tutto com’era e dov’era” sarebbe impensabile e distruttivo, ma occorre conoscere come, quali idee si stanno sviluppando perché è necessario partire bene per arrivare primi.
Fondamentale sarà portare risposte a chi ha perso tutto, ma la dignità desidera conservarla.
Queste domande dovranno essere rivolte, più che ai politici locali, a chi ha in mano le sorti di questi territori, nella speranza che faccia scelte coraggiosa ma di buon senso, senza tavole rotonde chiuse tra quattro mura, ma discutendo tra la gente, tra chi in quei territori ha scelto di rimanere.
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Premesso che magari parlo soltanto perché ho 1 tetto sopra la testa – secondo me vale la pena solo ricostruire le aziende agricole e gli edifici di interesse storico – ma non è possibile ricostruire da capo interi paesi – meglio radere al suolo tutto e insediare le persone altrove – al riguardo il governo dovrebbe requisire tutti gli immobili invenduti per ricollocarci le persone – scusami tanto valentina – capisco l’amore x quelle montagne
Ed ecco perché i grandi progetti di ingegneria sociale avranno gioco facile: perché c’è gente che la pensa come il signor Felicetti. Non so quanti siano a pensarla così, ma certo la cancellazione dell’idea di legame con il territorio, della passione per la produzione di prodotti tradizionali, dell’amore per la libertà consentita da queste grandi montagne a altipiani, è ormai fatto compiuto presso molti.
Mah… io penso che prima venga la sicurezza pubblica – se quei terreni ampliano le scosse non ha senso ricostruire – al riguardo vedasi l’inchiesta del dr. Iacona su Rai3 – vanno aggiornate le mappe dei terreni e vietare la costruzione su quelli che conducono invece di isolare
http://www.raiplay.it/video/2016/08/Presa-diretta-Chi-ha-ucciso-Giulio-Regeni-3998c947-6c0f-4695-890f-6d2531b8cc17.html
Valentina ha perfettamente puntualizzato la situazione.
Peccato che i suoi quesiti restino irrisolti a distanza di quasi cinque mesi.
Tutto il comprensorio di Arquata si è trasformato in un involucro sigillato dalla cosiddetta “zona rossa” nella quale è assolutamente impossibile intervenire. Paradossalmente anche le imprese edili che più di qualunque altra attività imprenditoriale sarebbero utili con mezzi, uomini e competenze maturate in anni di lavoro, sono inattive e neppure chiamate a collaborare.
Cento anni fa, sepolti i morti e curati i feriti, sarebbero stati costruiti edifici di legno per uomini e animali; sarebbero state puntellati i fabbricati danneggiati in attesa di ripristinarli.
Cento anni dopo, a distanza di cinque mesi, la gente non si è mossa, forse annichilita o forse fiduciosa in un dispositivo dall’aspetto possente ma incapace di andare oltre al sigillare tutto.
Nel frattempo la casa costruita dai miei avi nel 1500 in frazione Spelonga, lesionata dalla scossa del 24/08, in mancanza di puntellamento ha perso una parte di murature con la scossa del 30/10. Ma non è ancora finita. Data la tipologia costruttiva dei muri in pietra, quando l’acqua, penetra attraverso crepe, disconnessioni o squarci, questi si sciolgono letteralmente compromettendo le strutture che potevano essere tranquillamente recuperate.
L’elenco speciale dei professionisti, a quattro mesi di distanza dalla legge, ancora non esiste e la libera assunzione alternativa risulta vanificata dall’impossibilità di operare nella zona rossa.
Perchè si aspetta e per quanto ancora è quindi la domanda integrativa a quelle di Valentina
Questo giornale, e ovviamente con noi la nostra cara Valentina, da oggi in poi si adopererà con tutte le sue possibilità per evitare che al disastro della natura si aggiunga il disastro degli uomini.
Grazie della sua testimonianza. Presto ulteriori approfondimenti.
Tutto lascia sospettare che i grandi progetti di ingegneria sociale in corso in Italia abbiano trovato nel sisma un aiuto insperato. L’evacuazione di un’area poco popolata metterà a disposizione di questi grandi progetti un’immensa area, al centro esatto d’Italia, lontana dai maggiori centri abitati, dotata di casette in villaggi razionalmente disposti, pronta ad ospitare i “nuovi italiani”. Le dichiarazioni di alcuni sindaci, l’interesse della presidente della camera, misteriosi progetti alle porte di Camerino con promessa di centinaia di posti di lavoro, fanno pensare che l’inattività non sia semplice frutto di totale incompetenza.