ASCOLI PICENO – Dopo l’incontro di Comunanza di venerdì scorso il quadro politico sopra le tristi vicende del terremoto si fa ancora più fluido. E purtroppo non in meglio. L’assenza del commissario straordinario Vasco Errani, in un appuntamento annunciato da giorni con molti sindaci e cittadini della zona colpita, non è stata una bella manifestazione di vicinanza. Per carità, Errani a Norcia, con il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, a sei mesi esatti dalla scossa del 24 agosto, potrebbe aver trovato la soluzione che, per sua stessa ammissione, gli è mancata in questi primi mesi. Aspettiamo, in merito, dichiarazioni. Anche perché ancora un’ora prima dell’incontro il sindaco di Comunanza neanche era stato informato del forfait.

Intanto il commissario straordinario, da sabato ufficialmente ex Pd, dopo che le sue dichiarazioni, registrate, sono state divulgate alla stampa, si trova in una situazione a nostro parere poco limpida. Con le sue parole, ha di fatto scaricato la colpa dei ritardi sui sindaci e, mediando, sulle regioni, in particolare sulla Regione Marche dove per sua stessa ammissione, in una intervista romana a Sky Tg24, la situazione è più grave che altrove.

Ma un commissario straordinario, di nomina governativa, con poteri sovraordinati a quattro regioni, può, a distanza di sei mesi, prendersela con il sindachello di Vattelappesca? Che magari fino al 24 agosto ha avuto a che fare con paesini sempre più spopolati, invecchiati e con 500 o 1000 abitanti disseminati tra venti frazioni, con il geometra che svolge contemporaneamente le funzioni di urbanista, gestore lavori pubblici e segretario del sindaco.

E anche i Presidenti di regione, con i loro limiti (valga per tutti la questione delle casette, nelle Marche trattata diversamente dall’Abruzzo, checché ne dica Ceriscioli), sono dei subordinati ad Errani.

Facile sostenerlo adesso, dopo mesi trascorsi e non risultati così evidenti. L’errore, che dalle parti di Palazzo Raffaello oramai viene mormorato apertamente, anche se ovviamente non ufficialmente, è stato alla radice. La figura di Errani viene vista, oggi, non come salvifica ma come fonte dei disequilibri tra le quattro regioni coinvolte (Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo). Un commissario straordinario che sta lontano dalla stampa regionale, che diserta incontri pubblici scomodi , che fa la ramanzina ai sindaci, a Cesare Spuri dell’Ufficio della Ricostruzione, al Presidente della Regione Marche, è un commissario straordinario che ha fallito su tutta la linea. Che non andava neppure nominato, in modo da non rappresentare né un freno né un parafulmine per i governi regionali e il governo nazionale.

Matteo Renzi non avrebbe dovuto nominare Errani, questo è certo. Ed Errani, oggi, andrebbe rimosso; forse per questo timore preferisce la compagnia di Gentiloni alle lamentele garbate dei marchigiani, ai quali ha lasciato impallinare il solitario Ceriscioli. Purtroppo in entrambe le decisioni, la nomina e l’eventuale rimozione, agiscono questioni politiche interne al partito di maggioranza: all’epoca, per pacificare la minoranza Pd in vista del referendum; adesso, per ridurre la visibilità di Errani uscito dal Pd.


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