ASCOLI PICENO – Gianni Scalella, funzionario tecnico geologo presso la Regione Marche, risponde a quesiti di interesse collettivo. Il geologo si occupa quotidianamente di monitorare le faglie e di studiare il sottosuolo, dopo i terremoti che hanno sconvolto l’Appennino centrale. A Piceno Oggi, spiega quanto la prevenzione sia necessaria per evitare conseguenze così catastrofiche.

In termini semplici, adatti a un pubblico poco esperto, perchè le scosse continuano, con magnitudo superiori a 4?

“In una sequenza sismica importante con scosse anche superiori a 6, solitamente gli aftershock nell’area epicentrale possono arrivare fino ad un grado di magnitudo inferiore alla scossa principale”.

L’ipotesi che una faglia possa risvegliare una poco distante è reale?

“Solitamente vengono sollecitate le zone a nord o a sud del sistema di faglia interessato dalla scossa principale. Difficilmente vengono sollecitate quelle poste ad oriente o ad occidente del sistema principale sollecitato”.

Se gli esperti non riescono ancora a prevedere i terremoti, quali sono le tecniche di prevenzione da adottare, in un territorio sismico?

“La ricerca scientifica è in grado di evidenziare quali sono le faglie sismogenetiche ed il loro potenziale in termini di magnitudo che risulta legato alla lunghezza della faglia. Si è in grado anche di ipotizzare con un grado di certezza molto alto anche quali sono le aree che potrebbero essere coinvolte in un sisma sulla base del tempo di ritorno della faglia stessa. Pertanto prioritariamente si potrebbe intervenire proprio in quelle aree dove i tempi di ritorno sono più brevi, attraverso interventi di mitigazione o di prevenzione (adeguamento sismico degli edifici strategici, miglioramento sismico e progettazione antisismica, dissipatori sismici, edilizia attraverso nuovi materiali e altro)”.

Crede che la previsione di eventi sismici sia un traguardo ancora molto lontano da raggiungere?

“La ricerca sta facendo passi da gigante in questo settore; analogamente lo studio dei precursori sismici sta evidenziando nuovi impulsi. Sicuramente il passo è difficile ma le conoscenze e la tecnologia stanno sempre più avanzando. Certo è che in attesa della possibilità di prevedere il terremoto, non si può non attivarsi in termini di prevenzione sismica. Anzi, già è tardi. Ma molto si potrebbe fare se invece di rincorrere con un determinismo pedissequo ora, minuto e secondo del verificarsi di un evento sismico si studiasse invece la probabilità di un accadimento mettendo insieme tutti gli elementi noti per fare ciò bisognerebbe modificare il sistema che vi è oggi che è solo impostato sull’emergenza. La prevenzione viene trattata come tema da affrontare solo dopo il verificarsi di eventi tragici ma poi come solitamente avviene in Italia va nel dimenticatoio man mano che ci si allontana dallo stesso evento”.

In termini di prevenzione, quanto potrebbe essere utile l’utilizzo di un geologo esperto nei comuni a elevata pericolosità sismica?

“Le sequenze sismiche che si sono verificate negli ultimi decenni a partire da quella del Belice del 1968 (1972 Ancona; 1976 Friuli; 1979 Norcia; 1980 Irpinia; 1997 Umbria-Marche; 2002 San Giuliano di Puglia, 2009 L’Aquila; 2012 Emilia Romagna; 2016/2017 Centro Italia) hanno evidenziato come la maggior parte del danneggiamento sia stato causato dai cosiddetti effetti di sito, cioè dalle caratteristiche geologiche del substrato che hanno modificato, amplificandolo, il moto sismico. Di conseguenza conoscere dettagliatamente quali sono le situazioni morfologiche e stratigrafiche del sottosuolo che possono dare origine a tali modificazione è estremamente importante ed il compito spetta al geologo. E solo al geologo, sia per formazione che per estrazione professionale”.


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