CASTIGNANO – Ad ogni martedì di Carnevale i castignanesi cantano: “FUORI FUORI I MOCCOLI !”. Lo fanno da così tanto tempo che non si riesce nemmeno bene a datarne il principio. Si va indietro negli anni. Prima foto, poi a memoria, e poi infine con i racconti dei bisnonni.

Tanti anni fa, seconda metà dell’800, c’era Luigi Corradetti , detto “lo scrivano Moccolo”. “Scrivano” perchè era uno dei pochissimi a quel tempo a saper leggere e scrivere, “moccolo” perchè era lui a guidare la sfilata dei moccoli, che già a quei tempi caratterizzava il Martedì Grasso a Castignano.

Ma da dove nasce questa tradizione? Cosa significa? Così diversa da tutte le altre manifestazioni carnascialesche, si è cercato di darle un senso, una spiegazione. Sicuramente il falò finale riprende l’usanza comune di accendere fuochi propiziatori e/o purificatori, così come il salti finali dei giovani sopra le fiamme che tendono a spegnersi.

Ma è la “materia prima” che va a formare questo falò a rendere il Carnevale Storico Castignanese, unico, spettacolare, emozionante. Che non trova eguali in Italia, e che ha radici molto molto antiche.

Ore 19, PIAZZA UMBERTO I, quella più in basso nel CENTRO STORICO. L’illuminazione pubblica all’improvviso si spegne, e nello stesso momento si accendono centinaia prima migliaia poi, di lampioncini colorati. LANTERNINE a forma di ROMBI tridimensionali a più facce, ricavate intagliando un’estremità di una CANNA ancora verde, il tutto rivestito da CARTA VELINA colorata e poi magari abbellito con riccioli, filamenti, e quant’altro. All’interno una CANDELA, che una volta accesa dà luce a questo spettacolo. 

Parte cosi’ la sfilata secolare dei moccoli, per tutto il Paese, prima il borgo antico, poi la parte nuova, infine ancora il centro storico. Rullanti, gran casse, piatti a battere il tempo. L’incitamento sale in cielo. “Fora fora li moccule !”. Insomma, chi non ha un moccolo lo tiri fuori, chi sta ancora dentro casa esca subito col moccolo. E cosi’ il corteo, una sorta di processione pagana, festosa, si ingrossa sempre più. Arriva infine in PIAZZA SAN PIETRO, quella sommitale il borgo di Castignano. Ci si ferma tutti in circolo, ed una sorta di litania precede la BATTAGLIA tra i moccoli .Si può quindi dare vita al FALO’ finale, per poi danzare, correre e saltare vicino o dentro di esso. 

Uno spettacolo che i castignanesi sentono proprio in maniera viscerale, dai vecchi ai bambini; un’emozione che sempre piu’ turisti arrivano non solo ad ammirare ma anche a partecipare. Una tradizione che non è facile spiegare. Ma che ritrova una sua singolare e straordinaria somiglianza qualche secolo prima.

Siamo nel 1786, lo scrittore tedesco Johann Wolfgang von GOETHE arriva in viaggio in Italia, visita ROMA e lì trova il suo storico e a quel tempo importantissimo Carnevale. Descriverà il tutto, qualche anno dopo nel suo libro “Viaggio in Italia”. Ed è tra quelle righe, soprattutto nella parte che descrive l’evento di chiusura del Carnevale di Roma, che si scopre l’incredibile. 

!Appena cala la notte sul Corso angusto e infossato, ecco apparire qua e là dei lumi alle finestre, altri accennare sui palchi e, in pochi minuti, diffondersi all’intorno un tal fuoco, che tutta la via appar rischiarata da ceri ardenti. I balconi si adornano di lampioni di carta trasparente, tutti espongono le loro torce alle finestre, tutte le tribune sono illuminate …. le vetture scoperte espongono lampioncini di carta colorata; fra i pedoni alcuni passano con alte piramidi luminose sulla testa, altri hanno fissato i loro MOCCOLI in cima alle canne, in modo che queste pertiche arrivano all’altezza di due o tre piani. A questo punto ognuno si fa un dovere di portare un MOCCOLO acceso e da tutte le parti echeggia l’interiezione favorita dei romani “Sia ammazzato, sia ammazzato chi non porta il moccolo!” grida l’un l’altro, cercando ognuno di spegnere con un soffio il lume avversario”.

Incredibile. Per i castignanesi e per chiunque abbia mai fatto o visto la sfilata dei moccoli, è incredibile leggere queste righe. Perchè la somiglianza tra i due eventi è davvero evidente. Ed è così che ci si spiega l’attuale sfilata dei moccoli di Castignano.

Una tradizione carnascialesca romana (ben più antica del 1786 di Goethe ma presente insieme ad altre manifestazioni carnascialesche dal 1400-1500 circa) che come altri eventi (corse dei carri, corse di tori, ecc..) si erano sparse in molti centri abitati del vecchio STATO PONTIFICIO. Nel 1861 poi avviene l’UNITA’ D’ITALIA, scompare lo Stato della Chiesa, ed è nel 1874 che VITTORIO EMANUELE II vieta per sempre il Carnevale di Roma, diventato troppo violento e pericoloso. Scompaiono tutti gli eventi compresi i moccoli. 

A Roma, come in ogni altro Comune, tranne uno: CASTIGNANO, un piccolo borgo delle MARCHE. Quando arrivò a Castignano questo evento? 1800? 1700? Ancora prima?? Purtroppo non ci è dato saperlo, non avendo ad oggi riscontri scritti ufficiali e chiari. Certo è che nella seconda metà dell’800 la sfilata dei moccoli a Castignano era praticata e guidata dal sopracitato “lo scrivano moccolo”, Luigi Corradetti.

Ed ancora più ovvio è che finita nel 1874 la tradizione dei Moccoli a Roma, mai piu’ riproposta, e naturalmente non avendo a disposizione foto e video per prenderne spunto, non c’è altra spiegazione possibile che già ALMENO in quella data “i moccoli” erano già stati “importati” a Castignano per chiudere il Carnevale. Era stato fatto da tempo ed era stato fatto nel migliore dei modi, essendo ancora oggi secoli dopo, quella tradizione cosi’ viva, ma soprattutto cosi’ simile anche nei particolari. “Sia ammazzato chi non porta il moccolo!” urlavano forse un pò esageratamente i Romani, “FORA FORA LI MOCCULE !” urlano ancora oggi i castignanesi. Il senso più profondo rimane: sono i moccoli, fino un secolo fa a decine, poi a centinaia, oggi a migliaia, a chiudere i lunghi festeggiamenti del Carnevale. Una tradizione che non tende a perdersi, anzi … IL FUOCO VIENE TENUTO ACCESO, GENERAZIONE DOPO GENERAZIONE.


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