ASCOLI PICENO – Riportiamo e pubblichiamo un comunicato, giunto in redazione, del comitato Terre in Moto.

Quello che riguarda le SAE (Soluzioni Abitative in Emergenza) è stato fin dalle prime settimane uno dei problemi più rilevanti delle aree del post sisma sia dal punto di vista simbolico che materiale. I tempi infiniti di consegna, i costi di realizzazione, le aree individuate per la loro edificazione, i materiali e le tecniche costruttive (ricordiamo i boiler che “saltavano” lo scorso inverno), la mancanza di spazi aggregativi nei nuovi centri, hanno fin da subito fatto rilevare come la “questione casette” tocchi criticità che fanno emergere responsabilità a tutti i livelli.

Fatta questa doverosa premessa occorre però anche dire che, una volta consegnate, queste strutture hanno rappresentato per migliaia di famiglie il ritorno ad un sorta di livello minimo di normalità dopo l’esodo sulla costa e gli infiniti spostamenti da una struttura all’altra. Purtroppo questo accenno di  normalità per decine di nuclei familiari è durato il tempo di pochi mesi perché dai pavimenti, o dai soffitti, a seconda delle aree, hanno iniziato a spuntare muffa e funghi di ogni sorta e colore. Questa situazione è emersa da qualche settimana grazie alla coraggiosa denuncia di qualche terremotato che ha pubblicamente “sollevato il tappeto” di silenzio che copriva questa inaccettabile nuova emergenza. Più passano i giorni più stanno emergendo casi analoghi, e in qualche circostanza  occorre intervenire nuovamente nelle SAE in cui si erano già effettuate operazioni di bonifica e sistemazione poche settimane fa.

Basterebbe la materialità dei fatti per esaurire tutti gli aggettivi dispregiativi da affiancare ai nomi di coloro, siano essi soggetti con responsabilità che riguardano la messa in opera o i controlli, sono colpevoli di quanto accaduto. Ma purtroppo non basta questo, perché come spesso accade (o come quasi sempre accade, se parliamo dell’area colpita dal terremoto del 2016) i problemi hanno un lungo seguito di situazioni grottesche, avvilenti e offensive nei confronti di chi vive da 25 mesi in condizioni psico-fisiche devastanti alla continua ricerca di una parvenza di stabilità che puntualmente gli viene sottratta. Con queste poche righe vogliamo porre delle domande che sono emerse parlando con chi ha vissuto sulla proprio pelle, in particolare nell’area SAE di Muccia, l’esperienza di dover uscire dalle casette a causa delle problematiche sopra descritte.

Intanto ci chiediamo per quale motivo tutte le persone che hanno avuto problemi nella prima fase si sono dovute gestire a proprie spese i traslochi necessari a far effettuare i lavori di sistemazione, come se la responsabilità di quanto accaduto fosse la loro.

Uno degli aspetti cruciali è quello dei controlli, e su questo le questioni sono molte. Intanto ci chiediamo perché nella loro espletazione non venga rispettato l’ordine cronologico sulla base delle segnalazioni e/o se, in generale, esista una qualche priorità (e se si qual è). Ci chiediamo poi se effettuare foto con gli smartphone, spesso a distanza di metri dalle zone del pavimento indicate dai residenti, sia una modalità abbastanza efficace per rilevare problemi o eventualmente escluderne la presenza, perché la nostra impressione è che sia piuttosto approssimativa. Si rileva poi come non vengano rispettate  le indicazioni presenti nell’accordo firmato dai Comitati, dal Consorzio CNS e dal Comune che prevedevano un numero specifico di verifiche sulla base delle dimensioni delle casette. Aggiungiamo che al termine delle procedure di controllo viene redatto poi un fantomatico verbale, fatto poi firmare all’occupante senza lasciargliene nessuna copia, ancora: perché?

Inoltre sempre in merito ai controlli ci chiediamo anche se sia proprio necessario da parte dei tecnici fare domande del tipo “Quante docce al giorno fate?” oppure “Ma per caso per lavare i pavimenti gettate ingenti quantità d’acqua a terra?” Come se non fosse evidente che i problemi non siano dovuti ad “errori” degli occupanti..

Perché fino ad ora, sembra che proprio negli ultimissimi giorni questa cosa si sia risolta, non sono state analizzate le muffe trovate all’interno delle strutture? Forse chi vive nelle SAE non ha il diritto di sapere in che condizioni ambientali ha vissuto per settimane e se questo rappresenti una minaccia per la proprio salute? E perché l’Assessore della Regione Marche Sciapichetti afferma (riportiamo il virgolettato riprendendolo dai giornali) “Quanto alle muffe, l’assessore ha dichiarato che erano state rimosse dagli occupanti, e visto che a breve erano in programma gli interventi non sono state analizzate”. Stiamo scherzando? Cosa avrebbero rimosso gli occupanti? E in ogni caso sarebbe loro responsabilità accertarsi della situazione?

Andiamo avanti, come accennavamo precedentemente, la questione muffa è emersa grazie al fatto che qualcuno ha avuto il coraggio di denunciare pubblicamente quanto accaduto. Siamo costretti a parlare di coraggio perché, a quanto sembra, dal Comune sono arrivati inviti a non divulgare pubblicamente la situazione. Anche in questo caso ci chiediamo, se venisse confermato, a che pro? Per quale motivo chi dovrebbe occuparsi della salute pubblica dei propri cittadini non vuole che se ne parli? Questo aspetto ha un’altra particolarità, da qualche giorno a chi segnala di avere problemi o richiede legittimamente controlli non viene rilasciato nessun ticket, ovvero nessun documento che accerti formalmente l’avvenuta richiesta. Vengono inviati i controlli ma chi ha i problemi non ha nessun atto formale di quanto comunicato. A nostro avviso questa procedura non è molto trasparente, ma siamo sicuri che chi di dovere potrà fornirci spiegazioni anche su questo…

Come accennavamo precedentemente, in qualche caso siamo al “secondo giro”, ovvero qualche nucleo familiare dovrà per la seconda volta assistere ai lavori nella propria abitazione, con tutto ciò che ne segue in termini di disagi materiali e psicologici, perché spunta nuovamente muffa a distanza di poche settimane dal primo intervento. Ci viene da chiedere come vengono effettuati questi interventi e se, a questo punto, siano efficaci per la risoluzione dei problemi. Inizialmente si era ipotizzato che il tutto fosse dovuto a pannelli lasciati sotto alle intemperie prima della loro installazione: questo significa che è stato nuovamente utilizzato materiale lasciato sotto la pioggia? Oppure che forse il problema è più strutturale?

Chiudiamo con un’ultima domanda, forse la più rilevante: ammesso che sia quantificabile e che possa essere dato un valore a quanto stanno passando le persone che hanno vissuto e che vivono la situazione appena descritta, chi le ripagherà per i danni materiali e immateriali subiti?


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