FOLIGNANO (Hotel Villa Pigna, ritiro della nazionale italiana di Ciclismo cat. Juniores e Under 23) – La comodità dei tempi moderni non rende meno duro e gratificante il mondo del ciclismo. “Ai miei tempi mi lavavo la bici da solo, oggi i nostri giovani atleti sono serviti e riveriti, hanno il massaggiatore, il meccanico. Ma la difficoltà di questo sport rimane sempre la stessa, così come la grande gratificazione che ti dà”.
“Il gran caldo di questi giorni piceni? È ciclismo anche questo, no?”.

Marco Villa, ex pistard due volte campione del Mondo nell’Americana in coppia con Silvio Martinello, oggi Coordinatore unico delle squadre nazionali maschili su Strada e su Pista, ci parla della vita del ciclista fra modernità e tradizione.
“Il gusto dello stare insieme, di saper gestire il proprio tempo, rispettare orari e curare il proprio corpo. Forse oggi la tecnologia ha sottratto un poco di capacità di soffrire, ma quando stai in sella sei tu e la bici, mica hai Facebook a correrti in aiuto. Sono princìpi che ogni giovane dovrebbe avere, ma che senz’altro il ciclismo porta in dote ai giovani che lo praticano”.
Spirito di gruppo, capacità di affrontare la sofferenza, girare il mondo e apprendere qualcosa di nuovo e di utile, sempre e dovunque. Sono i doni sudati che il ciclismo dà ai suoi giovani adepti, e nel ritiro della nazionale italiana a Folignano abbiamo modo di discuterne con chi del ciclismo e della formazione dei giovani ha fatto la propria ragione di vita.
Rino De Candido, tecnico della nazionale maschile juniores, sprizza gioia da tutti i pori dopo la vittoria nella crono del “suo” Alberto Bettiol. Un successo storico, che mancava da anni. “Alleno ragazzi che vengono da tutta Italia, credo che il movimento ciclistico italiano sia in piena salute, abbiamo elementi sui quali lavorare per sviluppare le loro caratteristiche, quello che serve è una seria opera di programmazione del settore giovanile, ed è ciò che stiamo facendo”.
Un sergente di ferro con i suoi giovani? De Candido si schernisce: “Sono per il rispetto delle regole. Atleti di 17, 18 anni, devono andare a scuola e avere buoni voti. Ascoltare i consigli di chi è più grande di loro, essere disponibili ad apprendere dai propri errori. Bettiol? Un giovane pacato ed equilibrato, è sulla buona strada”.
La vita del ciclista al tempo dei social network? De Candido non è integralista, ma ha le idee chiare: “Dopo una certa ora della sera, non voglio vedere i miei atleti davanti al computer o al telefonino. È giusto che a fine giornata parlino fra di loro, si confrontino, riflettano. Trovo inconcepibile usare Facebook per comunicare da una stanza all’altra del ritiro. Sono atteggiamenti che rendono soli, mentre per il ciclista lo spirito di gruppo è fondamentale”.
Atteggiamenti diversi, con la stessa serietà di fondo. ll responsabile della Under 23 maschile Marino Amadori invece la vede così: “La gioventù è cambiata, dobbiamo adeguarci ai loro modi di comunicare. Io credo nel dialogo, credo nel rispetto, come nel legame fra padre e figlio. Questi ragazzi vanno aiutati nel raggiungere il loro sogno del professionismo. Al movimento ciclistico italiano non manca nulla. Abbiamo il ricambio generazionale, abbiamo fior di tecnici, tante società che si impegnano in tutto lo Stivale. Cosa aggiungerei? Aumenterei le partecipazioni alle gare internazionali, il confronto con le altre scuole non è mai troppo e insegna tantissimo  ai nostri ragazzi. Limiti e pregi, solo guardando gli altri si riesce a comprenderli al meglio”.


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