ASCOLI PICENO – Riceviamo e pubblichiamo una lettera indirizzata al nostro direttore che, a parer nostro, inquadra molto bene la situazione marchigiana e, in particolare il ruolo del Piceno all’interno di una regione Marche che come ben dice in un passaggio della lettera manca di un “senso di appartenenza”. La pensiamo anche noi così anche se un po’ di appartenenza alla città Fabriano, in questo momento storico, ce lo intravvediamo.
Ecco il testo integrale inviatoci dal presidente del Consiglio provinciale di Ascoli Piceno, Armando Falcioni. A proposito dell’appartenenza del Falcioni, mi auguro soltanto che questa iniziativa sia più frutto personale che politica e che, anche con una coalizione politica alla Regione diversa all’attuale, avrebbe scritto le stesse cose. Mi sembra anche un bell’invito a riflettere, indirizzato a Gian Mario Spacca.
“Egregio Direttore,
le scrivo oggi perché nonostante sia un assiduo lettore del Corriere della Sera, non mi sono subito imbattuto nel contestatissimo inserto dedicato alle Marche.
Ad oggi non ho idea di chi sia la colpa, se di una redazione distratta o di una Regione che reitera atteggiamenti di noncuranza nei confronti del Piceno.
Certo è che in 150 anni la Regione Marche non è mai riuscita a costruire un senso di appartenenza, all’interno di confini amministrativi che vanno dal Conca al Tronto non esiste un sentire comune, una politica omogenea, equa attenzione per le varie province, soprattutto di confine, e l’episodio della diaspora della Val Marecchia non può essere imputato solamente come un incidente di percorso. Non vorrei additare questo o quello e anche io non vorrei spenderci tante, ulteriori parole, se non quelle per sottolineare che la disaffezione verso la regione di appartenenza da queste parti ha superato i livelli di guardia.
Il Piceno, soprattutto dopo l’imposta divisione con Fermo, avverte profondamente questo distacco, questa distanza non solo dal capoluogo regionale ma anche dal contesto marchigiano. Io non lo imputerei a questa amministrazione regionale o a quelle precedenti, e non ne farei solo questione politica o geografica perché credo che sia soprattutto un problema culturale, una sorta di questione di pelle: il diverso vernacolo, diversi costumi, abitudini, relazioni sociali, economiche sono certamente retaggi storici ma stanno divenendo anche una logica conseguenza.
Potremmo compilare una casistica a mò di elenco telefonico di queste disattenzioni ma basta andare a braccio e ricordare ad esempio l’umiliante vicenda del balletto dei direttori Asl, alcuni tagli alla cultura, l’annessione silenziosa della zona di Amandola a discapito del distretto sanitario ascolano, le aspettative mai soddisfatte delle grandi opere per San Benedetto, la storia del quadrilatero per l’Umbria mentre l’Ascoli-Teramo rimane una mulattiera, lo spazio concesso dal servizio regionale pubblico, l’attenzione, invece, quando si tratta di individuare attività ambientali rilevanti (eufemismo), per finire con la determinante complicità regionale nella abominevole vicenda della divisione della provincia. Anche il trasferimento della Facoltà di Agraria, che sembra datato, rimane una ferita apertissima.
Il timore è che il Piceno, nel 2011, sia veramente una sorta di zona franca nel senso deleterio della parola, che trova maggiori affinità sociali, economiche, culturali, peraltro ricambiate, e contatti con i territori limitrofi di altre regioni, e che abbia di identità marchigiana poco o nulla.
Insomma una sorta di provincia autonoma senza goderne i vantaggi. Non è la delega specifica ad un assessore a fare dell’attuale Piceno, le Marche.
Affermo ciò nella speranza di una tangibile inversione di tendenza che tutti i marchigiani, e i piceni, di buon senso si augurano ma mi creda, anche se non espressamente gridato, tra la gente comune vige, più che mai, la sensazione che le Marche si accorgeranno del Piceno solo quando avranno paura di perderlo.
Cordiali saluti
Armando Falcioni, presidente del Consiglio Provinciale di Ascoli Piceno”
Grazie per la collaborazione.
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Condivido tutto.
Io gran parte. Per una volta andiamo d’accordo :D
Mi sembra troppo comodo prendersela con gli altri, per non affrontare i propri limiti.
Siamo NOI che non sappiamo fare di meglio, non gli altri che sono cattivi.
Non sappiamo fare sistema, in Regione andiamo sempre divisi, come se fra Ascoli e SBT ci siano 200 Km e non 35.
Il tempo che si impiega per andare dal centro di SBT al centro di Ascoli (parcheggio compreso) non supera quello che si impiega per andare da Torrette al centro di Ancona, eppure loro fanno parte della stessa città, noi di due mondi sempre divisi su tutto.
Partiamo da qui, invece di fantasticare su aiuti di Stato che in passato ci hanno fatto solo del male. Non sarà la bacchetta magica della Regione o dello Stato a sopperire alle nostre carenze.
Pienamente d’accordo, dobbiamo tirarci fuori da soli (ma insieme) da una situazione che tenderà a peggiorare, visto l’andazzo. Comunque ha ragione Falcioni che vede anchemotivi culturali per i quali, secondo me, il nostro territorio deve fare mea culpa. L’impegno dei nostri giornali (www.rivieraoggi.it; http://www.picenooggi.it; Riviera Oggi, il settimanale del Piceno in edicola) è proprio quello che auspica lei nel suo illuminato commento. Nel futuro io vedo un grande Piceno con due zone metropolitane (molto coese tra loro) da 150 mila abitanti cadauno: una soluzione che ci farebbe crescere in tutte le direzioni, da quella turistica a quella lavorativa. Grazie.
“la sensazione che le Marche si accorgeranno del Piceno solo quando avranno paura di perderlo”..parole da “frasi famose” bellissime….il pensiero di fare una maxi provincia con Teramo non è un sogno….ed a guadagnarci saremmo solo noi, cittadini della provincia di Ascoli Piceno…
L’intervento del Falcioni a mio modo di vedere non fa una piega. Forse qualcuno dimentica che la Regione Marche è composta da cittadini del Piceno e che anch’essi pagano le tasse, quindi si deve pretendere che la medesima, intesa come ente, debba provvedere in maniera equa a tutto il territorio regionale che va da Pesaro ad Ascoli Piceno. Qui nessuno sta a piagnucolare aspettando l’aiutino della Regione; si chiede soltanto di essere trattati come gli altri, di avere le stesse attenzioni nel bene e nel male. Se “limti” ci sono, questi sicuramente sono amplificati da quell’ente e non sicuramente limati. Ascoli e con essa tutto il Piceno è stata sempre depredata di cose che gli spettavano di diritto e non di cose che gli dovevano essere donate. Quindi caro Alberto58 qui, ripeto, nessuno sta a piagnucolare elemosina dalla Regione, ma superare questo momento di crisi soprattutto lavorativa (che è anche nazionale), ed avere chi ti rema contro, diventa molto più difficile. Basta guardare di come giornalmente vengono affrontate le crisi del pesarese, dell’anconetano e del fabrianese dalla regione, con quale impegno quei politici “disturbino” il governo centrale nazionale per essere, loro si aiutati, a risolvere i vari problemi dei medesimi territori. Forse, anzi sicuramente, seguire l’esempio della Val Marecchia e chiedere a gran voce la secessione, così come hanno fatto (sciaguratamente in quel caso) i fermani con il Piceno, forse farebbe ricordar loro anche di questo territorio. In ultimo, riferendomi all’intervento del Direttore, non lo vedo molto coerente: se da un lato è daccordo nel fatto che un territorio circoscritto nel raggio di una trentina di chilometri debba bussare in Regione unito, dall’altro lo vede in futuro “diviso” in due zone metropolitane (!?!). Caro Direttore lo so che quello che si auspica è vedere Ascoli e San Benedetto divise e paritetiche nei confronti della Regione, non occorrono molti giri di parole per capirlo! E’ sempre la solita storia, ripeto prima Fermo e ora San Benedetto. Questo territorio non crescera mai se non si rispettarà i ruoli e le gerarchie. Basti vedere di come la Regione ha risolto il caso della nomina del Direttore dell’area vasta; ci sono state subito polemiche e allora bene adesso un fabrianese deve star bene a tutti, muti e rassegnati.
Mi spiace ma lei non ha capito perché io sono per un territorio unico chiamato Piceno (l’ho già scritto) con un solo sindaco e 20 amministratori (sindaco compreso), quindi 20 rappresentanti della politica contro i 300 circa di adesso. Le due aree metropolitane le ritengo un passaggio per arrivarci perché mi rendo conto che la città Piceno con 250 mila abitanti è ancora prematura per le teste dei cittadini piceni. Se lei la pensa come me, siamo in due, ne trovi altri che accorciamo i tempi.
La secessione senza un progetto difficilmente porta da qualche altra parte che non in un vicolo cieco, e quelli della Val Marecchia se ne stanno già accorgendo. La Regione Emilia Romagna se li calcola molto meno di quanto non facevano le Marche.
Il fatto che il loro poco peso derivava dalla loro scarsa rappresentatività (e forse da un eccessivo appetito assistenzialista).
Non credo molto negli “aiuti istituzionali”, che siano Comunali, Regionali, Statali, Europei, NATO, ONU o intergalattici. Penso sia molto meglio darsi da fare con progetti credibili che nascano nel territorio.
Il progetto di una nuova realtà amministrativa alla foce del fiume Tronto, in barba a Provincia, Regione, o Campanile, secondo me è uno di questi, e varrebbe la pena perderci un pò di tempo.
E’ vero ma, giustamente, come dice anche lei, qualcosa si deve pur fare.