ASCOLI PICENO – “C’è un pensiero ricorrente che fa parte della mia storia cinematografica, e mi suggerisce come sia impossibile che non ci sia una seconda puntata, ma i desideri sono un po’ come l’amore, non si possono progettare a tavolino, vediamo cosa accade”: usa, come d’abitudine, figure quasi poetiche Giuseppe Piccioni, quando gli domandiamo se nel suo futuro – più o meno prossimo – vi sia la possibilità di tornare a girare un film ad Ascoli Piceno, sua città natale, o comunque nella provincia.
Come accadde nel suo esordio, quel Grande Blek del 1987 dove la gioventù ascolana veniva rappresentata tra sogno e ribellione: successivamente la carriera di Piccioni è evoluta in rappresentazioni metropolitane, quasi sempre relative a Roma. Oggi, in collegamento con Piccioni attraverso Radio Ascoli, che è tra gli organizzatori dell’incontro di Piccioni con studenti e cittadini, venerdì primo febbraio (leggi qui), abbiamo chiesto al regista se ci sia la possibilità di un suo ritorno nel Piceno: “Può darsi che io scriva una storia e capisca che sia il caso di ambientarla ad Ascoli Piceno”, ci dice.
Intanto la sua opera, “Il rosso e il blu“, delicato film che tocca tematiche giovanili e del mondo scolastico (ma non è un film a tema: la scuola e le relazioni tra professori ed alunni, e tra professori stessi, sono il pretesto per raccontare altro, ovvero la vita stessa secondo differenti angolature) sta ricevendo apprezzamenti e lo stesso Piccioni ammette “che in questo momento sono abbastanza impegnato nelle presentazioni del film, il che mi stanca anche se è un atteggiamento doveroso anche e soprattutto verso don Giampiero Cinelli, del quale so l’impegno e l’amore per la cinematografia. Per il resto con la produttrice Donatella Botti sto raggruppando delle idee per il prossimo lavoro”.
Se “Il rosso e il blu” viene molto apprezzato da studenti e professori (“Ai primi piace la figura fuori dal tempo rappresentata da Herlitzka, i secondi sentono una sorta di riscatto dalla loro situazione”), è anche vero che per il futuro Piccioni vorrebbe “uscire un poco dagli schemi, cercare anche di raccontare una storia di genere ma dove il timbro della mia voce si riconosca, magari romantico o poliziesco: occorrerebbe anche un po’ di coraggio dai produttori”.
Magari, con un nuovo Grande Blek sulla gioventù degli anni Duemila anziché del 1960-70. Chissà.
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Certo il Grande Blek del 1987 ha rappresentato anche una cartolina in movimento della città di Ascoli. Ma oggi la città è cambiata e non solo in senso politico s’intende ma proprio a livello sociale. Ho l’impressione che il bravo Piccioni potrebbe avere non pochi problemi a fare un film oggi in quanto la città di Ascoli non è più omogena ma offre più aree sociali anche intrecciate.
Intanto Ascoli è cambiata non solo come composizione sociale che era comunque una città con fasce di lavoratori nelle varie aziende metalmeccaniche e chimiche-farmaceutiche e anche varie. Non è facile delinerae oggi destra e sinistra come era possibile negli anni ottanta. Oggi è complicato in quanto c’è uno scambio continuo di valori ed anche di disvalori politici che non sono visibili ad occhio nudo. E, per nudo intendo se ci sono le motivazioni di ricerca sociale su Ascoli.
La base è la sua storia ma la fase contemporanea presenta un agire politico articolato su problematiche varie che se hanno il loro relazionarsi con la crisi che stiamo attraversando sono connotate da evoluzioni culturali continue. Ovviamente le contraddizioni sono notevoli ma l’equilibrio sociale non lo si coglie oggi. Mentre negli anni ottanta bastava anche osservare l’abbigliamento per comprendere se uno era di destra o di sinistra. Naturalmente sarebbe bello che Piccioni girasse il Grande Blek del 2013.
Bel commento!