Guido Rossetti, architetto sambenedettese, conosce molto bene l’Ucraina dove lavora da 18 anni, sia ad est che ad ovest. Conosce dunque bene quella nazione, la sua gente, le sue caratteristiche storiche. Gli abbiamo chiesto un suo parere su quanto sta avvenendo, tragicamente, a Kiev.

Il problema ucraino ha due momenti di lettura, uno prevalentemente politico e l’altro squisitamente etnico:
anche se distinti questi due aspetti, è ovvio che l’Occidente sta puntando sulla divisione etnica per portare avanti il suo progetto politico di penetrazione ad est nei paesi dell’ex Unione Sovietica.

Questo progetto è andato avanti senza problemi finché si è limitato ai paesi ex Cccp occupati dal regime sovietico dopo la guerra, mentre ora si scontra con una nazione giovane, che è indipendente da soli 22 anni, e che prima di allora non è mai esistita così come lo è oggi.

La zona della Galizia e Volina, cioè le città di Lvov e Luzk erano prima della guerra della Polonia, così come la parte sud-occidentale della Bessarabia era la Grande Romania, la Crimea mussulmana aveva il suo kanato fino ai primi dell’800 e via dicendo. Il fiume Dniepr era il confine dell’impero russo, e il confine in russo viene detto “Kraina“.

Ne consegue che ci sono di fatto due popoli conviventi in un territorio non omogeneo: la parte est, russofona e etnicamente russa, di religione greco-ortodossa, e l’altro ad ovest, etnicamente misto tra polacchi, rumeni, turchi, ungheresi e gli abitanti di Lvov e dintorni che si considerano la vera razza ucraina, di religione greco-cattolica. Le religioni apparentemente sono simili ma una fa capo al patriarcato di Mosca e l’altra al Vaticano, e inoltre abbiamo i mussulmanitra i tartari di Crimea, e una forte presenza della diaspora ebrea (Golda Meir era nata a Kiev).

In questo quadro occorre considerare quanto sta avvenendo oggi: attualmente nella piazza di Kiev ci sono milizie armate del partito Svoboda (le bandiere rosse e nere per intenderci) che è il partito nazional-socialista, ultranazionalista che deriva dalle milizie galiziane di bandera, artefici tra l’altro delle pulizie etniche del 1943 ai danni dei polacchi di Lvov e dintorni, loro sono il braccio armato e violento della rivolta, insieme al Prvi sektor, che letteralmente si traduce settore di destra, che riunisce tutti i movimenti dell’estrema destra presenti in Ucraina. La prima incongruenza che salta all’occhio è appunto la loro appartenenza: il partito di Svoboda rientra nel movimento europeo di estrema destra, equivalente alla nostra Fiamma Tricolore, o a Le Pen, Alba Dorata, movimenti che con l’europeismo hanno poco a che fare.

Tutto il popolo ucraino, sia quello orientale che occidentale, non è contento dell’attuale governo: gli oligarchi fanno solo i propri interessi ed il partito delle regioni è rappresentanza diretta dei poteri oligarchici della parte est del paese, ma anche all’ovest, ugualmente, vige lo stesso sistema.

I temi della politica economica dell’Unione Europea non sto qui a scriverli, quello che sta avvenendo è il risultato di una politica senza scrupoli pur di acquisire nuovi mercati, nuove risorse da controllare.

La gente in Ucraina ha paura, nessuno controlla più la piazza, i partiti dell’opposizione sono evaporati per la loro inconsistenza: è ridicolo che un’opposizione che conta 178 deputati su poco più di 400 sia stata a guardare a tal punto da ridurre il paese a quel regime di cui tutti si riempiono la bocca.

Non si può parlare di rivoluzione, in quanto Kiev è una città di circa 3 milioni di abitanti e i manifestanti (pacifici?) sono qualche decina di migliaia: il popolo si tiene alla larga dalla piazza! Né tanto meno possiamo parlare di guerra civile, poiché i governatori delle regioni dell’est invitano i cittadini a rimanere a casa e non subire le provocazioni e quanto meno non reagire e rimanere calmi.

Si deve parlare solo ed esclusivamente di insurrezione armata e tentativo di golpe da parte di una minoranza, che molto ben organizzata, molto ben attrezzata ed anche molto bene armata sta gettando il paese nel caos, facendo leva sull’opinione pubblica internazionale. Così gli organi preposti alla sicurezza hanno reagito con ritardo, soltanto nel momento in cui la folla ha assaltato il Parlamento, e a quel punto è iniziata la conta delle vittime.

Gli appelli al dialogo sono ignorati dai dimostranti che vogliono solo prendere il potere e basta, oggi era stata indetta giornata di lutto nazionale da parte del presidente ma gli stessi dimostranti “pacifici” sono andati di nuovo all’attacco del parlamento, e stavolta i proiettili non sono stati di gomma. L’informazione in Italia e Europa tralascia il fatto che decine di poliziotti sono morti, colpiti dai cecchini dei dimostranti: adesso, però, i colpi proibiti giungono da entrambe le parti.

Le persone della parte orientale, le città di Donetzk, Karkov, Odessa, Dniepropetrovsk, la Crimea sperano solo che al più presto l’Occidente li lasci in pace, ma la maggior parte delle risorse economiche del paese si trovano ad est, per questo la secessione non è benvoluta dagli occidentali.


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