ASCOLI PICENO – Nadia Beani, presidente di Confartigianato, all’attacco.

“Siamo alle solite. Per colpire un piccola frangia di evasori, quelli che lucrano sui versamenti IVA, il Governo ha colpito tutto il mondo delle imprese e dei professionisti, introducendo due strumenti che, di fatto, tagliano drasticamente la liquidità aziendale: lo split payment ed il reverse charge.”

Si tratta di meccanismi che, dal 1° gennaio, impongono una procedura burocratica onerosa per il rimborso dei crediti IVA che legittimamente spettano alle imprese. Con l’introduzione dello split payment inserito nella legge di stabilità 2015, infatti, l’impresa continuerà a pagare l’IVA ai propri fornitori, ma senza incassarla, in quanto versata direttamente all’erario dal committente pubblico, determinando così per l’azienda una minore liquidità. Per denunciare queste pericolose novità per i bilanci delle piccole imprese, la Confartigianato Imprese di Ascoli Piceno, aderendo alla campagna nazionale degli edili promossa da ANCE e ANAEPA, ha avviato anche nel territorio Piceno una petizione online quale segno tangibile della protesta per portare all’attenzione di Governo e Parlamento gli effetti dello split payment, meccanismo che incide sulla liquidità delle imprese già fortemente pregiudicata dal fenomeno dei ritardati pagamenti della PA. Per aderire alla petizione si può cliccare nel sito http://confartigianato.apfm.it oppure su www.apfm.it. Altre informazioni anche sulla fatturazione elettronica possono essere richieste agli uffici Confartigianato ai numero 0736.336402, 0734.229248 e 0735.81195, email [email protected]

I due meccanismi fanno aumentare in modo esponenziale i crediti Iva degli imprenditori e peggiorano la situazione finanziaria, già precaria, delle imprese che operano con la Pubblica Amministrazione o che lavorano nei settori dell’edilizia, dell’impiantistica, dei servizi di pulizia e della distribuzione organizzata.

“Supponiamo che un’impresa esegua una prestazione di servizi a favore della pubblica amministrazione per un importo pari a 100mila euro – prosegue Nadia Beani – con 22mila euro di IVA. Supponiamo che la stessa impresa avesse acquistato 50mila euro di beni e servizi, per cui avrebbe pagato un’IVA pari a 11mila euro. L’impresa avrebbe versato all’Erario la differenza di 11mila euro. Oggi, con lo split payment, lo Stato non versa più alla nostra impresa i 22mila euro di IVA, ma si ritroverà con un credito d’imposta pari a 11mila euro. Questa somma potrà essere richiesta a rimborso o potrà essere compensata con altri debiti tributari o contribuitivi. Se la nostra impresa non ha però dipendenti o altri debiti di carattere tributario, può attendere il rimborso. Una strada lunga anche 6 mesi, sono questi, infatti, i tempi con cui l’Agenzia delle entrate liquida i rimborsi IVA. Questo, sostanzialmente, determina una illiquidità per il sistema delle imprese pari esattamente all’IVA sulle vendite che non incassa, rimanendo esposta totalmente ed incisa per un periodo di 6 mesi sull’IVA sugli acquisti con importanti costi per le aziende”.

Per il reverse charge il meccanismo è simile ed in attesa del via libera dall’Europa, si rischia di introdurre l’ennesima norma d’urgenza e di dover fare un passo indietro quando si sarà espressa l’Europa, tra un mese, un mese e mezzo.


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