ASCOLI PICENO – Gli “ex lavoratori Prysmian” (così si firmano) rispondono alle recenti parole del presidente di Confindustria Ascoli, Mariani, il quale aveva risposto ai sindacati Cgil, Cisl e Uil.

“Parole faziose e provocatorie, che ledono la dignità di oltre cento lavoratori” si legge nella nota stampa, che continua: “Lo scorso 27 febbraio la Prysmian annunciava la chiusura dello stabilimento ascolano, evidenziandone la facilità della sua chiusura rispetto alle altre fabbriche del comparto nazionale. Tutto è avvenuto nel giro di pochi minuti per mano di un dirigente d’azienda svedese. Non poteva conoscere le dinamiche interne allo stabilimento. Non conosceva neppure i risultati raggiunti in termini di produzione nonostante la crisi globale”.

Secondo gli ex lavoratori il dirigente svedese “è stato un mero esecutore materiale di un ordine caduto sulle nostre teste, sulla vita di un centinaio di operai e delle loro famiglie. Ciò che incredibilmente sfugge al Presidente di Confindustria della nostra città, oltre a non aver avuto nessun ruolo  nella vicenda (lui sì che è stato spettatore) è che la nostra liquidazione in quanto lavoratori e, conseguentemente, l’umiliazione subita in quanto operai che hanno in dote un patrimonio di conoscenze che avrebbero voluto continuare a mettere a disposizione in uno stabilimento “fiore all’occhiello” del comparto Prysmian Italia, è proprio figlia di quella “logica illogica” a cui Mariani fa riferimento, con immaturo e sterile spirito “nuovista”: fare scelte sindacali “coraggiose” per garantire “più flessibilità” e “un ambiente più favorevole per le imprese”, infatti, non è che un modo politicamente accettabile di chiedere il potenziamento di quelle politiche infauste e  di deregolamentazione che ci hanno indotto alla lotta e dichiararla “effimera e senza valore” è indegno per il ruolo che Mariani ricopre, nei confronti dell’intero territorio ed offensivo per i suoi cittadini”.

Flessibilità, assenza di vincoli e regole sarebbero queste le ricette per reindustrializzare una terra inaridita dal sistema economico-finanziario globalizzato? La risposta è un secco e deciso no. I lavoratori non possono essere trattati come carne da macello né si può ritenere una soluzione efficace deresponsabilizzare chi vuole fare impresa. Da un lato, la tutela dei diritti e, dall’altro creare le condizioni affinché arrivino nelle nostre terre degli investimenti privati, sono due imperativi e si realizzano anche potenziando i sussidi alle imprese per investire nei territori” scrivono.

Secondo i lavoratori “oggi un primo significativo passo in avanti sarebbe possibile solo riconoscendo il Piceno come territorio di crisi complessa. Noi, ex operai  della Prysmian, grazie alla lotta e all’impegno delle nostre famiglie, che hanno presidiato insieme a noi lo stabilimento, abbiamo incentivato la politica locale e nazionale a impugnare nuovamente una pratica che era caduta colpevolmente nel dimenticatoio. Se fosse stato riconosciuto ufficialmente lo stato di deindustrializzazione complessiva in cui versa da anni il nostro territorio, forse oggi avremmo già raccolto i primi frutti e nuovi investimenti sarebbero giunti in una terra umiliata e industrialmente desertificata da quelle politiche che Confindustria ha avallato e continua – di nuovo, nonostante tutto – a sostenere e a chiedere pubblicamente”.


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