ASCOLI PICENO –  “Troppo spesso il nostro pensiero si ferma allo strato superficiale della realtà, senza fare lo sforzo di andare un po’ più sotto per coglierne la complessità. Ci si accontenta delle risposte immediate, senza lasciar sgorgare quelle decisive di vitale importanza. Spesso il nostro pensiero non va al di là dei luoghi comuni e non è capace di affrontare la magmatica complessità delle cose…Non indaghiamo in profondità, perché la ricerca comporta un impegno, una capacità di analisi e una disponibilità a mettersi in discussione che non siamo in grado di sostenere…Resta più comodo prendere in prestito i pensieri, o comprare i sogni degli altri a buon mercato…”

Parole di Lucilio Santoni in un suo articolo sul quotidiano online Huffington Post che palesano la capacità di osservazione del comportamento umano e di discernimento che caratterizza lo stile dello scrittore cuprense che si relazionerà con il pubblico sabato 28 gennaio alle ore 17.30 a Palazzo dei Capitani ad Ascoli Piceno per conversare sul ruolo della cultura (https://www.picenooggi.it/2017/01/26/41777/un-pomeriggio-coi-libri-di-garcia-lorca-con-giorgio-colangeli-e-lucilio-santoni/).

Poetica è lo strumento diagnostico di questo intellettuale che esamina la società, riflette e mette in discussione certezze assodate dal tempo, ma, spesso, non dalla ragione innescando una reazione nel fruitore, guidandolo nella riflessione.

Scrittore e non poeta, narrativa poetica, libri di pensiero, e non versi poetici, Lucilio Santoni legge il presente con la lente del sentimento e annota le sue osservazioni in pamphlet di vario genere, dal sociale all’economia, alla politica; in video documentari (“poeti marchigiani”); in opere musicali (“Corpo di guerra” edito dal quotidiano Il Manifesto); spettacoli teatrali (“Dall’anima al corpo”); nella direzione artistica di eventi culturali come “Teatro della parola”, “Pensare altro”, “Colloqui d’autunno”.

Con “Lettere a Seneca” del 2012 esprime la sua visione anarchica: “…rivalutare lo spazio del non potere, un luogo dove predomina la ragione. Ipotizza la possibilità di vivere con un potere limitato che dia spazio alla libertà individuale. Le vicende del presente ci mostrano la presenza subdola dell’oppressione, e da una parte è la massa che, bisognosa di protezione, invoca una guida sempre più forte che abbia il controllo totale…” (fonte: ISML Ascoli Piceno)

Lucilio, spesso il tuo nome viene associato alla parola poeta, ma è improprio. Perché?

“E’ improprio dire poeta. Io mi interesso di poesia, lavoro sulla poesia, ma non faccio libri di poesia. Sono libri di pensiero dove c’entra molto la poesia, ma non scrivo in versi”.

Infatti è la poetica la tua linea guida.

“trattare gli argomenti, quelli più scottanti che vanno dalla sociologia alla politica con poesia. Cerco di trattare i temi di tutti i giorni come la decrescita, la società e la politica con un taglio poetico. La letteratura è per commuovere, non ha come scopo l’informazione, ma commuovere, cioè muovere insieme. Se io leggo una poesia o un romanzo è chiaro che se tu mi ascolti siamo portati ad avvicinarci perché parla di temi che toccano non solo la mia anima, ma anche la tua.”

La passione per Federico Garcia Lorca, risale ai tempi della scuola e nel 2009 Santoni pubblicò il suo inedito “Sui libri” :la traduzione del discorso tenuto nel 1931 da Lorca al popolo del suo paese natale, Fuente Vaquero: “Lorca rappresenta in modo completo la mia idea di poesia. Il rigore nitido dei versi (si pensi alla celebrazione di Luis de Gongora, nel ’27), frutto di studio, riflessione e ascolto, unito a una grande sensibilità umana e sociale (si pensi alla Barraca, il teatro popolare che Federico portava nei paesi della Spagna più povera). Penso a una poesia fatta delle cose che si vedono ogni giorno, e che diventano universali… Tradurre Lorca è, però, un’esperienza erotica e politica al tempo stesso; è aprire la porta su un mondo nel quale la poesia è musica ed è dolore, nel quale l’agonia è fermento e sogno, nel quale c’è costantemente un “altro” a cui comunicare il proprio amore infinito, che è gioia di vivere ed è disperazione…” (fonte: contrappunti.info)

“E poi libri, e ancora libri”, l’ultimo lavoro dello scrittore, edito da Lindau pubblicato il 19 gennaio 2017 riprende la tematica del precedente “Sui Libri” con un taglio del tutto nuovo: il concetto espresso nel discorso di Garcia Lorca che inneggiava alla cultura come “la luce che può guidare un popolo nella costruzione di una società democratica e pacifica” viene messo in discussione dalla sensibilità di Santoni che, guardando i comportamenti sociali attuali, non può non interrogarsi sulla discutibilità di tale convinzione.

“Ci tengo molto – spiega Santoni – è un discorso che Garcia Lorca fece nel 1931 nel suo paese di origine, Fuente Vaquero, in un contesto di rinascita culturale, in un momento in cui ad una dittatura si instaura la Repubblica. E’ un bellissimo discorso sui libri e sulla cultura. Il mio libro riprende questo discorso romantico, straordinario, molto poetico sui libri, sulla cultura, sulle biblioteche e nella seconda parte io scrivo il mio pensiero che ruota attorno ad una domanda: “Questi libri e questa cultura decantata da Garcia Lorca, che lui sostiene essere un baluardo contro la barbarie, serve? Visto che dopo cinque anni si instaura la sanguinosa dittatura di Franco?”

Cosa intendi dire?

“La mia domanda prende spunto dagli avvenimenti storici della Spagna, ma vale per l’Italia di oggi: pensiamo a Roma che ha millenni di storia, con beni culturali superiori forse ad ogni altra città del mondo, però si vive malissimo, non è certo una vita felice e magari la vita è molto più felice in posti che hanno molta meno storia. Questo è il punto: a cosa serve la cultura? A cosa servono i libri se non evitano il fatto che si vive male? Bisogna trovare un altro modo di concepire la cultura”.

Affermazione decisamente controtendenza

“La cultura non è semplicemente ammucchiare libri, perché c’è molta gente che legge tanti libri, un esempio singolare è Hitler, lui leggeva molti libri oppure il più grande collezionista di libri in Italia è Marcello Dell’Utri, ecco io mi chiedo: sono serviti i libri a Hitler e a Dell’Utri? Non basta leggere i libri, ma ognuno di noi deve riflettere e assumere ciò che si legge o ciò che si vede in una mostra d’arte o in uno spettacolo teatrale in un modo quasi carnale, le persone dovrebbero essere toccate nel profondo dalla cultura”.

“Sono stati fatti degli studi, ci sono dei riscontri che rilevano come la maggior parte delle persone che va a queste grandi mostre d’arte, degli impressionisti, per esempio, non viene minimamente toccata dall’arte, da ciò che vede – ribadisce lo scrittore – se fosse veramente toccata, il mondo sarebbe un Paradiso, ma non lo è. La gente va ai Musei Vaticani, ma solo per annoverarlo nei discorsi, come chi va alle Maldive solo per dire “ci sono stato”. Il 99% delle persone non viene toccato dai contenuti di una mostra, viaggio, concerto, o altro. Basterebbe che un solo libro ci coinvolgesse e allora ci cambia. Non serve una cultura enciclopedica”.

Un pensiero dissacrante, Lucilio Santoni, una indole di ricercatore arguto pronto ad individuare l’inconsistenza del nostro tempo, così scriveva in “Lettere a Seneca”: “… Riporto un frammento dalla lettera di un condannato a morte della resistenza, che si rivolge a sua figlia ricordandole che, anche nelle difficoltà, lo studio è l’unica cosa che ti rende libero. Una testimonianza che spazza via la sciocca presunzione che la cultura e la comunicazione di massa figlie degli anni 80, possano essere un valido surrogato della conoscenza. Oggi non esiste una realtà del genere. Un evento culturale che muove le masse, in genere si identifica meglio nella propaganda più che con un reale spessore qualitativo. Per arrivare veramente agli altri con argomenti validi, la conoscenza deve essere prima di tutto intima e individuale”. (fonte: ISML Ascoli Piceno)


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