ASCOLI PICENO – Qualche tempo fa avevo letto velocemente della decisione di esporre ad Osimo i capolavori d’arte recuperati dal terremoto. Mi sembra molto ben calibrato l’articolo di Luca Craia pubblicato dal pungente blog laperonza.blogaspot.it. Sottoscriviamo parola per parola.

È incomprensibile la scelta di installare una mostra con i capolavori d’arte recuperati dagli edifici danneggiati dal sisma, e intitolarla “Capolavori Sibillini”, rimarcandone la provenienza e la netta connotazione geografica, e darne sede in un luogo così lontano, sia geograficamente che strutturalmente come Osimo. Le Marche sono per definizione una regione plurale, e la Marca Anconetana, a cui Osimo appartiene, non ha contatti culturali ed economici con la Marca Picena, quella dove i Sibillini insistono e luogo di provenienza delle opere esposte. Quale sia il motivi della scelta di Osimo come sede della mostra appare oscuro, a meno che non si voglia pensare male.

La logica avrebbe voluto che una mostra così bella e importante avesse la sua ubicazione in seno al territorio di cui parla, di cui racconta l’anima e la storia. Se è vero che, nelle città colpite direttamente dal terremoto, mancano forse spazi agibili che possano essere adatti ad ospitare l’iniziativa, nel territorio complessivo sedi idonee e opportune non mancano, basti pensare a Macerata, tanto per fare un esempio.

Allestire la mostra nel Piceno sarebbe stato logico e opportuno. Anche perché questo territorio e la sua economa legata al turismo culturale hanno bisogno di ripartire, di un colpo di volano, di iniziative che diano la spinta verso il riavvio di un settore che ha risentito enormemente delle conseguenze del terremoto. Era un’occasione da cogliere, un punto di partenza, una prova di conoscenza del territorio e delle sue necessità e prerogative. Si è dimostrato il contrario, ancora una volta segnando una classe dirigente lontanissima dalla realtà.


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