Di Chiara Tremaroli
ASCOLI PICENO – Il Lago di Pilato, questo piccolo specchio d’acqua turchino, una goccia di blu tra il cielo e le rocce del Monte Vettore, sta causando molta preoccupazione agli escursionisti e agli appassionati di montagna. Sembra infatti che il suo incavo roccioso sia praticamente asciutto, circondato dalle nevi ma quasi senza acqua liquida. Un fatto decisamente insolito per la stagione, tanto che qualcuno già teme un prosciugamento permanente.
Cosa c’è da sapere sul lago? Il lago di Pilato è un antichissimo laghetto di montagna, situato a 1941 metri di quota. Presente sul Vettore fin dall’epoca dell’ultima glaciazione terrestre, ben 10.000 anni fa, si rifornisce d’acqua esclusivamente tramite piogge e neve sciolta. Si è ipotizzato che potrebbe ricevere anche le acque del fiume Aso, attraverso una rete di canali carsici sotterranei, ma l’ipotesi non è ancora stata dimostrata.
Proprio perché il lago è strettamente legato alla presenza di neve, il livello delle sue acque subisce brusche variazioni stagionali. In inverno tende a ghiacciare, coperto da una massiccia coltre bianca: in estate, invece, un periodo di caldo prolungato può portare anche ad un disseccamento completo.
Dato che i primi mesi del 2017 hanno portato temperature basse ed abbondanti nevicate, si pensava che il disgelo avrebbe presto rifornito d’acqua nuova il bacino, il quale di solito si manifesta in tutto il suo splendore proprio in tarda primavera. Invece, quest’anno il lago tarda al suo appuntamento, e resta nascosto sotto un po’ di neve non ancora sciolta. A darne notizia è stato Gianluca Vignaroli, autore del blog “Avventure di montagna“: il 14 maggio, durante un’escursione sul Vettore, Vignaroli ha scattato alcune foto al paesaggio, documentando che del lago di Pilato non c’erano ancora tracce.
I timori dell’escursionista non sono infondati; dopo il terremoto del 24 agosto e lo sciame sismico di ottobre, il profilo del Vettore è stato pesantemente scosso; si documentano frane e spaccature, che hanno letteralmente devastato la cima del Pizzo del Diavolo e reso inagibili vari percorsi.
Esiste la possibilità, anche se non molto probabile, che i movimenti tellurici abbiano rotto lo strato roccioso impermeabile che conteneva il Lago di Pilato, facendo defluire le acque a valle.
I recenti terremoti, in effetti, hanno alterato diverse falde acquifere, tanto nelle Marche che in territorio umbro. Il caso più eclatante è stato quello del torrente Torbidone di Norcia: scomparso sottoterra dopo un sisma nel 1979, è ora allegramente riaffiorato in superficie.
L’ente del Parco dei Monti Sibillini, però, invita a non preoccuparsi anzitempo. E’ altrettanto possibile che si tratti di un semplice ritardo stagionale, indipendente dal terremoto. Per sincerarsi della situazione, il responsabile Alessandro Rossetti ha già autorizzato un monitoraggio approfondito.
“Non ci sono elementi che facciano presupporre il peggio“ rassicura, confidando che sia solo una questione di tempo prima che la neve ceda il posto ad un bello specchio azzurro.
E già da internet arrivano le prime speranze: nuove foto testimoniano che negli ultimissimi giorni si sono riformate due piccole pozze d’acqua tra la neve.
Falso allarme, quindi? E’ presto per dire anche questo. Sicuramente il ritardo è notevole, e c’è la possibilità che il lago non stia più ricevendo le acque dell’Aso. Se il bacino idrico tornerà al suo volume usuale è ancora un’incognita.
Nel caso che il lago sia irreparabilmente danneggiato non ci sarà nessun intervento, spiega Rossetti: l’ente del Parco non chiuderà eventuali faglie, e non impermeabilizzerà artificialmente il fondo. Si lascerà semplicemente che la natura faccia il suo corso.
Si spera quindi che il lago recuperi presto l’antico splendore, anche perché l’eventuale scomparsa causerebbe seri problemi al suo principale abitante, il chirocefalo del Marchesoni.
Il chirocefalo è un minuscolo gamberetto rosso corallo, una specie unica al mondo che vive soltanto nel lago di Pilato. Deve il suo nome a Vittorio Marchesoni, che lo scoprì nel 1954 durante un’escursione. Da allora questa specie non ha smesso di affascinare i ricercatori locali; curiosa è, innanzitutto, la sua origine: i suoi parenti più prossimi, appartenenti all’ordine degli Anostraci, colonizzano numerosi laghi e fiumi in un’area che va dal Medio Oriente alla Cina. Si presume che siano arrivati in occidente grazie alle glaciazioni, per poi rimanere confinati nel loro microambiente attuale. Si tratta quindi di un animale antico, un vero fossile vivente che ha subito pochi cambiamenti fisici nel corso delle ere, ed è oggi l’unico membro della sua famiglia a vivere in Europa.
Un’altra particolarità del chirocefalo è il suo singolare modo di muoversi: il Marchesoni nuota sempre “a pancia in su”, esponendo il torace verso l’alto: si pensa che usi questo espediente per captare meglio la luce del sole, in un processo metabolico denominato fototropismo.
Trovando nel Lago di Pilato un ambiente di crescita ideale, il chirocefalo si è sviluppato per sopportare al meglio siccità e notevoli escursioni termiche. Nonostante sia un animale acquatico, infatti, le sue uova possono rimanere vitali anche in assenza di acqua; durante l’estate, la resistenza è garantita dalle cisti, involucri protettivi che isolano l’embrione da agenti dannosi; in questo periodo le uova entrano in uno stato di quiescenza e arrestano lo sviluppo in una fase precoce. Quando il lago torna a riempirsi, una parte degli embrioni riprende la sua maturazione e si schiude. Alcune uova rimangono invece bloccate più a lungo, per garantire la massima probabilità di sopravvivenza della specie.
Se il lago scomparisse, il chirocefalo Marchesoni sarebbe sicuramente destinato all’estinzione. Ancora una volta, però, l’ente del Parco dei Sibillini si mostra rassicurante. In quel caso, afferma Rossetti, prenderemmo contatto con appositi enti che possano conservarne il genoma, ed eventualmente farlo riprodurre in cattività.
La società Asteria, in passato, ha già condotto una ricerca in merito. Nel 2005, in un capannone di Monteprandone, è riuscita a far riprodurre con successo una colonia di Marchesoni, dimostrando di fatto la possibilità di introdurli in nuovi ambienti.
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