Sarebbero in tutto 66 gli indagati e 35 le società coinvolte, con sede in diverse province italiane tra cui Pordenone, Treviso, Venezia, Vicenza, Verona, Bergamo, Monza Brianza, Milano, Mantova, Torino, Bologna, Firenze, Roma, Ascoli Piceno, Fermo, Cosenza; Circa 350 mila i prodotti posti sotto sequestro probatorio. Gli amministratori delle ditte, quasi tutti italiani, producevano e fabbricavano i prodotti in parte o totalmente in altri stati, laddove la manodopera e i costi di produzione sono ridotti come Slovenia, Romania, Bulgaria, Polonia, Serbia e Bosnia, per poi esportarli in Italia dove, una volta le aziende avevano le avevano le loro sedi amministrative-commerciali e una volta arrivati a destinazione, venivano venduti come prodotti italiani. Un giro d’affari che spaziava in diverse categorie dai capi di abbigliamento e accessori a prodotti per la casa che comprendevano dai bicchieri di plastica ai componenti per mobili, pellet, tronchetti in legno e carbonella, materiali per l’edilizia come bitumi e idroisolanti fino ad arrivare anche ai fertilizzanti per l’agricoltura.
Grazie ai controlli condotti sui mezzi in entrata sul nostro territorio, svolti prevalentemente nei pressi del confine di Gorizia e ai caselli autostradali di Villesse, Monfalcone e alla barriera Lisert, gli uomini della Finanza hanno potuto raccogliere le prove per denunciare i 66 indagati per il reato di falsa indicazione di origine italiana.
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