Uno scambio di opinioni molto interessante Leonardo Animali, cittadino di Genga, nell’Alta Vallesina, e l’ex Presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca, chiamato in causa anche da Animali su un suo post su Facebook in merito al tema della “Strategia dell’abbandono” delle aree interne delle Marche.

Termine, “Strategia dell’abbandono“, coniato in qualche modo dallo stesso Animali a seguito dei fatti del terremoto del 2016 e soprattutto delle politiche seguenti. Partendo dalla notizia degli investimenti per la ciclovia dell’Esino, Leonardo Animali commenta in maniera molto critica quanto sta avvenendo (o meglio non sta avvenendo). Spacca poi ha risposto al suo post.

Riteniamo i punti espressi da Animali, anche se relativi alla zona centrale delle Marche, validi anche per il resto della Regione e anzi di stretta attualità, come i riferimenti alle questioni sanitarie oltre che economiche che in questo periodo interessano da vicino anche il Piceno, senza citare il terremoto.

 

SCRIVE LEONARDO ANIMALI

L’investimento di risorse pubbliche nel progetto della ciclovia regionale, è il paradigma di come nelle Marche la politica istituzionale di Ceriscioli, stia perseguendo un vero e proprio processo di sostituzione demografica nelle aree interne; già avviato, per la verità, da Spacca. E, peraltro, con soddisfacenti risultati.

L’abitante verrà soppiantato dal turista, il cittadino dal cliente. Lo smantellamento progressivo dei servizi sanitari e la malcelata privatizzazione delle prestazioni ospedaliere, nessun investimento, se non di facciata, sulla mobilità sostenibile a servizio degli abitanti, l‘apertura accondiscendente alle multinazionali dell’agroalimentare, con la reintroduzione di una moderna mezzadria del ventunesimo secolo, sono le azioni che accompagnano da tempo il progetto politico.

Il terremoto, paradossalmente, è stato solo un evento catastrofico marginale, rispetto all’azione martellante da anni della politica. Un anziano che vive lungo la ciclovia, è già costretto a fare decine di chilometri per un esame diagnostico in tempi decenti; una donna che deve partorire è già indirizzata a farlo addirittura in un’altra Regione; un bambino che ha bisogno del servizio pediatrico ospedaliero deve essere portato dai genitori ad un’ora di strada.

Però, tutti questi cittadini marchigiani, che a questo punto potrebbe essere comprensibile se cominciassero a sentirsi nati sotto una cattiva stella, potranno tra qualche anno pedalare spensieratamente tra monti e valli. E lasciamo perdere la questione occupazionale e il lavoro in questi territori. La cosa più penosa, quando si annunciano progetti come quello della ciclovia, sono i Sindaci delle aree interne, che anziché prenderli a sediate, stanno lì con la lingua di fuori, coscienti aver venduto i bisogni della propria gente in cambio di una foto e di una ripresa televisiva.

Sembra che parte della politica, per riparare ad una sciagura elettorale annunciata, voglia provare a metterci una pezza affidandosi alla degnissima persona dell’ex rettore dell’Università di Ancona (Sauro Longhi, ndr: clicca qui).

Ma non scherziamo, per favore. È come dare una smazzata al mazzo, ma le carte sono sempre quelle. Ho visto giorni fa un’immagine di una affollata stanza della politica regionale, dove si vorrebbe far partire questo esperimento da romanzo gotico. Presenze da gabinetto dell’orrore. Vecchi tromboni, trombati, buoni per tutte le stagioni, che ogni cinque anni si ripresentano semplicemente più incanutiti e rancorosi. Per fermare la sostituzione demografica delle aree interne, bisogna cambiare narrazione. Di genere e di altitudine. Ci vuole una donna, e di montagna. Anche se non ha studiato tanto, ma sa che cosa sono il lavoro e la fatica.
#strategiadellabbandono

 

RISPONDE GIAN MARIO SPACCA

Caro Leonardo “la strategia dell’abbandono dell’Appennino” parte da lontano, dalla fine degli anni ‘60 quando parlamentari “illuminati “ dell’allora Pci (senatore Orlando), sostenuti dall’Issem sostennero che per rilanciare le Marche occorresse creare una sola grande città lungo l’Adriatico da Pesaro a San Benedetto con due mega interventi pubblici delle Partecipazioni Statali per realizzare due grandi fabbriche a Falconara e San Benedetto.

L’area collinare veniva destinata ad agricoltura intensiva e l’Appennino destinato all’allevamento e all’economia forestale. Fortunatamente, in parte, le Marche sono andate in un un altra direzione. Il modello delle Marche città-regione e lo sviluppo della Pmi sostenuto politicamente soprattutto dalla Dc, ha corretto questa teoria, che è riaffiorata negli anni ’90 in Consiglio Regionale con una richiesta proveniente dalle fila del gruppo Pds quando venne proposto di riprendere la vecchia programmazione dell’Issem e progettare “Adriapolis” l’area metropolitana che unisse Pesaro a San Benedetto.

In realtà la suggestione metropolitana non è mai stata abbandonata e ancora oggi riappare in molte riflessioni di urbanisti, sociologi e politici. Infine una piccola correzione, nella VIII e IX legislatura (quelle in cui Spacca era Presidente, ndr) della regione si è sviluppata una decisa politica per le aree interne, che ha frenato lo scivolamento dell’Appenino sulla costa testimoniata anche da dati statistici.

Poi il sisma del 2016 ha complicato tutto. Tuttavia anche questo grande dramma avrebbe potuto divenire e può esserlo ancora un’opportunità per il rilancio dell’Appennino. Soltanto che bisognerebbe davvero definirla come una priorità ed accettare il modello dello sviluppo diffuso, anziché quello del centralismo metropolitano che registra sempre nuovi adepti.


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