ASCOLI PICENO – Oltre 34mila aziende e un esercito di circa 38mila lavoratori ancora sul campo con l’obiettivo di garantire le forniture alimentari alla popolazione in quarantena. Sono i numeri dell’agroalimentare che non si ferma, uno spaccato che parte dalle aziende agricole e arriva sugli scaffali della distribuzione alimentare.

È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti Marche su dati Unioncamere e Istat rispetto agli effetti delle misure del Governo nazionale per contenere il contagio da Coronavirus. Parliamo di quasi un’impresa su quattro nella nostra regione tra aziende agricole (26mila), industrie alimentari (circa 2mila) e circa 6mila attività distributive: 28 ipermercati, 643 supermercati, 1612 minimercati e 3671 altri negozi di alimentari.

Un sistema che poggia sull’agricoltura nazionale che si classifica al primo posto a livello comunitario per numero di imprese e valore aggiunto grazie ai primati produttivi, dal grano duro per la pasta al riso, dal vino a molti prodotti ortofrutticoli ma anche per la leadership nei prodotti di qualità come salumi e formaggi.

Le Marche, dove si contano 16 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 21 vini Doc/Docg, sono la prima regione biologica d’Italia con una densità media di 397,2 attività per milione di abitante, davanti a Umbria e Toscana secondo i dati Biobank. Alta qualità messa a rischio dalla riduzione degli scambi commerciali, le difficoltà dei trasporti alla frontiere e il rischio di speculazioni e scorrettezze commerciali.

“La filiera agroalimentare continua a garantire la produzione e la distribuzione del bene di prima necessità, ovvero il cibo. Scegliere quello locale, marchigiano ed italiano è il gesto più efficace che può sostenere il valore del lavoro dei nostri agricoltori ed allevatori – evidenzia Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche – Allo stesso modo, chiediamo alle autorità pubbliche di vigilare sugli scenari speculativi che da una parte abbassano il prezzo riconosciuto ai produttori e dall’altra lo alzano al cittadino che acquista. Un’ingiustizia non solo per la famiglie ma anche per tutte quelle aziende agricole che stanno continuando ad assicurare la sopravvivenza alimentare soprattutto in momento così complesso”.


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