ASCOLI PICENO – “L’unico modello possibile per uscire dalla crisi, lo dimostrano i dati, è quello di quei Paesi che hanno messo in campo risorse importanti e tecnologie: totale incondizionato sostegno al sistema sanitario, alla diagnostica e strumenti finanziari per gli imprenditori, grandi e piccoli” così Gianni Tardini, Presidente del Comitato Piccola Industria di Confindustria Marche.

“Abbiamo bisogno di misure concrete per superare la crisi finanziaria che colpirà come uno tsunami il sistema delle imprese e dei lavoratori da qui ai prossimi mesi. Occorre urgentemente immettere liquidità perché purtroppo finita l’emergenza molte aziende non avranno più la forza per riaprire” continua.

Tardini si rivolge anche a quanti hanno accusato Confindustria di essere responsabile nella diffusione del virus in quanto contraria alla chiusura delle aziende. “E’ molto semplice plaudire alle scelte che tutelano il diritto alla salute – chiosa il presidente di Piccola Industria Marche – ma non si può far finta di ignorare quello che queste misure comporteranno: disoccupazione, disfacimento del tessuto produttivo e nel peggiore dei casi forti tensioni sociali. Tutti coloro che oggi invocano chiusure a tappeto senza entrare nel merito di quale sia la posizione di taluna o talaltra produzione nella catena delle essenzialità, senza sapere se è importante valutare anche in un momento come questo la riconversione verso attività di interesse nazionale, come quella di supporto al sistema sanitario, non hanno a cuore il futuro di nessuno”.

Secondo Tardini la politica e la comunicazione hanno il dovere di evitare questa esasperazione “perché si rischia di degenerare in atteggiamenti antisociali, di giustizialismo da strada e di immotivata condanna nei confronti di chi ha un dovere morale e sociale da svolgere, fiaccandone la forza e il senso di responsabilità.

E sull’adozione dei codici Ateco come unico parametro che sancisce la possibilità di continuare l’attività produttiva, il presidente aggiunge: “Come Confindustria continuiamo a sostenere che il sistema degli Ateco debba essere guardato con flessibilità perché al momento non è in grado di rispondere al concetto di filiera”. E cita qualche esempio “Chi produce suole di gomma dovrebbe rimanere aperto se la sua produzione è rivolta a calzature sanitarie; oppure un’azienda che produce per automotive ma che rifornisce anche componentistica per il settore aereo non dovrebbe chiudere, e che dire delle aziende che producono gel igienizzanti che sono inquadrate nei cosmetici?”

“Il rischio è altissimo – conclude – per tutti. Sono già stati segnalati casi di aggressioni verbali anche a molti lavoratori per strada, inclusi quelli del sistema sanitario, e ciò è intollerabile. E’ inaccettabile che passi il messaggio che sia colpa dei lavoratori o degli imprenditori se il sistema sanitario italiano non è stato adeguatamente e per tempo preparato ad affrontare questa emergenza“.


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