ASCOLI PICENO – Di seguito una nota, giunta in redazione l’8 giugno, da Ascoli Italia Nostra.

Si rimane sconcertati di fronte al trattamento che viene riservato alle testimonianze di civiltà presenti nel nostro paese.

Sovente  sembra che si perda coscienza della loro esistenza. Poi, di colpo, nelle maniere più strampalate, approfittando magari della organizzazione di “Eventi”, si destinano delle risorse per il loro recupero e per una certa forma di utilizzazione.

Mai, peraltro, che si elaborino progetti di carattere sistemico, mentre, di norma, si scelgono interventi di tipo puntuale, episodici e spesso raffazzonati.

E’ il caso, ad Ascoli, delle spettacolare Villa Sgariglia di Campolungo lasciata in eredità agli Istituti Riuniti e, poi, dopo la soppressione di questi Enti entrata nella disponibilità del Comune capoluogo.

Naturalmente il bene venne lasciato in una condizione di degrado e di abbandono. Poi arrivò il Giubileo dell’anno 2000 e non sembrò vero distribuire denaro a pioggia in tutta Italia, prevedendo il recupero anche per questo prestigioso edificio, nobilitato tra l’altro dalla presenza dalla Chiesa dell’Assunta, capolavoro settecentesco di Lazzaro Giosafatti, artista veneziano attivo ad Ascoli,(edificio, tra l’altro, ora chiuso al culto e in condizione di grave degrado e di abbandono a seguito degli eventi sismici), per destinarlo ad ospitare i pellegrini diretti a Roma per il Santo Giubileo. Naturalmente, trattandosi di turismo povero, era prevista la realizzazione dei bagni al piano.

Peraltro, all’atto pratico, nessun pellegrino ha potuto mai godere dell’eleganza e del prestigio della nobile dimora, anche perché non furono per tempo realizzati i lavori di recupero e nel frattempo si pensò bene di abbandonare la strampalata idea dei bagni al piano, prevedendo opportunamente la realizzazione dei servizi igienici in ognuna delle eleganti camere della villa.  Si trattò, poi, di utilizzare l’edificio recuperato.  Previo il consueto bando la struttura fu assegnata  ad un imprenditore privato. Ma, evidentemente , essendo mancata probabilmente un idea della clientela cui destinare il prestigioso manufatto, copiando magari l’azione illuminata avviata dalla Principessa Panichi Seghetti per la fruizione della splendida Villa di Castel di Lama, nobilitata, tra l’altro,dalla presenza di un Parco Storico Bioenergetico, e inserita nell’elenco delle Dimore Storiche Italiane, si è ritenuto che forse l’utilizzazione per ospitare gli invitati alle cerimonie nuziali potesse essere la modalità in grado di rendere economicamente valida la gestione del manufatto.

Ma per questa utilizzazione era necessaria la presenza di un ampio locale per ospitare  un numero adeguato di persone, locale di cui la Villa era priva.

Per superare l’ostacolo, cosa si è deciso di fare? Semplice, si è ritenuto di realizzare una struttura in ferro, una sorta di immenso gazebo, addossata alla parete delle villa coprendo il terrazzo preesistente per tutta la lunghezza della facciata.

Rompendo, in questo modo, l’armonia e il decoro di una edificio prestigioso.   Ma, purtroppo, anche questa modalità di fruizione sembra non abbia dato i frutti sperati. La gestione del concessionario, a quanto pare, si è chiusa miseramente ed ora la villa giace nel più completo triste abbandono, unendosi, in questo modo, all’abbandono della splendida chiesa del Giosafatti.

Ma naturalmente, dato che i guai non vengono mai soli, anche il terreno che si stende splendido ai piedi della villa sino alla  Salaria, giace, almeno per il momento, nel più completo e drammatico abbandono.

Insomma una dimostrazione ulteriore di come non dovrebbe essere utilizzato il nostro patrimonio.

Ma nel caso di cui si tratta va evidenziato un aspetto che rende più inquietante la vicenda e cioè il dover constatare la manomissione dell’integrità della immagine architettonica dell’edificio, sfigurata irrimediabilmente dalla costruzione dal gazebo .

E’ augurabile che questa segnalazione alla Soprintendenza possa contribuire alla effettuazione degli accertamenti che il caso richiede per chiarire se per la realizzazione dell’intervento inopportuno siano state rilasciare le autorizzazioni che il valore architettonico e storico del bene richiedeva. 

Ad ogni buon conto, a nostro parere, si dovrà fare in ogni caso tutto quanto possibile per ridonare all’edificio la primitiva prestigiosa forma architettonica voluta dai nobili committenti e dalla perizia del Giosafatti.

In seguito si dovrà individuare una forma di utilizzazione intelligente e responsabile del bene, magari prendendo in considerazione qualcuna delle proposte formulate nel nostro progetto di realizzazione del parco Culturale ed Ambientale delle Nobili Ville Picene, uno dei moduli elaborato nel più complesso Progetto del Distretto delle Risorse e Testimonianze di Civiltà delle Terre della Primavera Sacra e della Riviera delle Palme, che da tempo la Sezione sta proponendo per consentire una valorizzazione sistemica del nostro prestigioso patrimonio nel rispetto di quattro principi fondamentali e cioè “la tutela attiva, la conservazione, la fruizione responsabile e la creazione di nuova cultura per la società della conoscenza, della innovazione e della tolleranza”.

Ad ogni buon conto a conferma della esattezza di quanto segnalato appare opportuno allegare alcune foto della primitiva immagine della Villa e di quella attuale e altre che evidenziano la condizione di abbandono della splendida Chiesa dell’Assunta e del fertile terreno che si estense sino al limite dalla Salaria. 

E’ augurabile che, anche nel caso si dovesse, come sembra si voglia fare, procedere all’alienazione di questo prestigioso patrimonio, si faccia tutto quanto possibile per assicurarne una modalità di fruizione che permetta la conservazione della sua integrità e una modalità di utilizzazione che privilegi la sua preminente funzione di bene pubblico, non omettendo, in ogni caso, il coinvolgimento della Scuola di Architettura di Ascoli, che, in merito, potrebbe fornire sicuramente sapienti pareri e suggerimenti.  


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