ASCOLI PICENO – Il neo composto comitato civico “Giù le mani dal Castellano”, composto da Legambiente Ap, Italia Nostra Sezione di Ascoli Piceno, il Collettivo Caciara, Ascolto e Partecipazione e la Cereria, denuncia una cementificazione sulle sponde del Torrente Castellano, nei pressi di Porta Torricella, invece di un “Centro Rurale di Degustazione e Ristoro”. Di seguito il testo del comitato.

Con il poco credibile intento di realizzare un “Centro Rurale di Degustazione e Ristoro” un piccolo terreno agricolo coltivato a ortaggi e frutteti è stato cementificato con l’edificazione di un moderno manufatto in acciaio e vetro corredato di terrazza panoramica, barbecue e, corre voce, forse anche di una prossima piscina. Dove c’erano un pollaio e una scarna baracca per gli attrezzi ora sorge un vero e proprio fabbricato realizzato sfruttando sgravi fiscali, fondi pubblici e probabilmente anche la legge sul Piano Casa per l’aumento delle cubature. Un’area soggetta non ad uno, ma a ben tre vincoli, ai piedi di una frana attiva e totalmente inclusa nell’area protetta ai bordi del Torrente Castellano, è stata snaturata per realizzare l’ennesimo locale commerciale per la somministrazione di cibo e alcolici.

Al costo ambientale già altissimo si aggiunge il rischio di pagare care anche le conseguenze che ricadrebbero sulle spalle della Collettività nel caso di frane o altri disastri simili a quelli storici ricordati con la frase il “ riso di Caucci” o a quelli che nel 2016 determinarono la distruzione di un tratto sella pista ciclabile e per poco non coinvolsero lo svincolo autostradale di Porta Cartara, il tutto senza un minimo riscontro da parte del Sindaco e dei Dirigenti Comunali alle ripetute segnalazioni e richieste di privati cittadini. Per questo il Comitato denuncia alla comunità un’operazione che già al suo avvio presentava elementi di problematicità riguardanti un iter autorizzativo quantomeno fumoso basato su una documentazione non comprovante in maniera incontrovertibile la legittimità dell’atto sulla base del quale si è permesso di edificare in una zona vincolata dal punto di vista urbanistico, paesaggistico e soprattutto idrogeologico, ai piedi di una frana attiva e sulle sponde di un Torrente con frequenti piene e a rischio esondazione, proprio sulla stessa sponda già sede di numerosi eventi di frana catastrofici sia in termini economici che ambientali.

Chiediamo spiegazione sul perché il Sue, per il tramite del proprio dirigente Arch. Galanti, sia intervenuto con un’ordinanza di demolizione, peraltro a quanto pare mai eseguita, autorizzando sembra una serie di interventi successivi, senza la probabile verifica del rispetto della ridetta ordinanza. Il Comune, al quale sono state inviate nel corso del tempo molteplici segnalazioni, non ha ritenuto di seguire la vicenda con la dovuta tempestività, decidendo di effettuare i sopralluoghi del caso solo recentemente, a cantiere ormai completato, quando ormai molte delle opere e delle alterazioni significative risultavano nascoste sotto un ‘bel’ prato artificiale.

Segnaliamo inoltre che per completare l’opera, sono state realizzate ulteriori opere oltre i permessi concessi. Si tratta in particolare di cubature e di manufatti in cemento armato laddove è vietato persino tagliare la vegetazione. Vegetazione in parte eliminata persino nella limitrofa area demaniale della sponda fluviale probabilmente in violazione delle prescrizioni del nucleo forestale dei Carabinieri. Inoltre, come risulta da una copiosa documentazione video e fotografica, risulta un illegittimo movimento terra, laddove espressamente vietato, con l’alterazione stabile del profilo del versante e la morfologia dell’argine fluviale.

Questi interventi sicuramente inopportuni contribuiscono indiscutibilmente al degrado generalizzato dell’intera area e potrebbero contribuire all’emulazione di altri privati che sembra abbiano iniziato a realizzare altre baracche da utilizzare forse come grimaldello per costruire altri manufatti. Ci chiediamo infine come sia stato possibile che il Comune abbia rilasciato il permesso per edificare in aperta contraddizione con la legge che stabilisce che i “centri rurali” debbano recuperare immobili esistenti, essere realizzati in stile rurale tradizionale e valorizzare beni naturalistici, ambientali e culturali del territorio rurale. Far passare un moderno Chalet per un fabbricato tradizionale rurale così da accedere a fondi pubblici, a sgravi fiscali e creare un nuovo esercizio commerciale non ha nulla a che vedere con la valorizzazione dell’ambiente rurale, ma è soltanto speculazione a danno della collettività.


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