ANCONA – Tanti indicatori economici dell’anno 2021, dal Pil all’export, stanno recuperando il terreno perso nel 2020.

Restano ancora fuori da questa ripresa o rimbalzo le condizioni del lavoro e la qualità dei contratti offerti.

E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, elaborati dalla Cgil Marche. Nel periodo gennaio-settembre 2021 nelle Marche sono state effettuate 155 mila assunzioni, ovvero 24 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+20,1%), ma inferiori ai livelli pre-pandemia (-9 mila pari a -5,8% rispetto al 2019), recuperati solo parzialmente.

Nello stesso periodo le cessazioni dei rapporti di lavoro sono state 133 mila (+7,4% rispetto al 2020 e -12,6% rispetto a due anni fa). Il saldo tra assunzioni e cessazioni risulta positivo di 22 mila unità; saldi positivi per tutte le tipologie contrattuali, ad eccezione dei contratti a tempo indeterminato per i quali il saldo tra assunzioni e cessazioni è negativo per -10 mila unità: dunque continua inesorabilmente l’erosione dei rapporti di lavoro stabili a vantaggio delle forme più diverse di contratti precari e frammentati.

Il 90% dei nuovi rapporti di lavoro è a vario titolo precario. La tipologia contrattuale maggiormente utilizzata è il contratto a termine (adottato nel 37,2% delle assunzioni totali), seguita dal contratto intermittente (16,9%), dalla somministrazione (16,1%), dal lavoro stagionale (13,6%) e dall’apprendistato (5,5%).

Sul totale delle nuove assunzioni, la quota di contratti a tempo indeterminato è decisamente bassa (solo il 10,7%) e nettamente al di sotto della media nazionale a sua volta molto bassa (15,5%). Nella graduatoria delle regioni per incidenza delle assunzioni stabili sul totale, le Marche si collocano al 17° posto, mentre risultano essere la prima in Italia per la più alta incidenza dei contratti intermittenti (16,9% contro la media nazionale del 8,2%).

Notevole anche il numero di assunzioni con contratto a tempo parziale: 56 mila part time (36,0%). Dunque un terzo dei nuovi contratti sono per lavori part time.

Le trasformazioni di contratti precari in rapporti a tempo indeterminato sono state 11 mila, ovvero mille in meno rispetto allo stesso periodo del 2020 e quasi 6 mila in meno rispetto al 2019.


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