ASCOLI PICENO – Segue comunicato stampa della Lipu Marche.

In questi giorni è circolata la notizia che l’Atc di Ascoli Piceno effettuerà ripopolamenti di  starne a fine agosto. La starna era una specie diffusa nelle nostre campagne fino agli anni ’70, da  quando ha subito un netto declino, fino all’attuale estinzione dal territorio nazionale. Diverse sono  state le cause: i cambiamenti dell’agricoltura e della gestione del territorio in primis. L’Ambito  territoriale di caccia (ATC), ente locale preposto alla gestione faunistico-venatoria, effettua  ripopolamenti – che in realtà sarebbe opportuno chiamare reintroduzioni, dal momento che la  starna italica è estinta, come già detto – allo scopo di ricreare nuclei di popolazioni nel nostro  territorio. Tali iniziative sono certamente da accogliere con favore, ma per avere successo  dovrebbero essere supportate da adeguate misure, altrettanto fondamentali, ossia la scelta di  animali sani e capaci di adattarsi alla vita selvatica, la presenza di cibo e acqua (miglioramenti  ambientali) e soprattutto la chiusura dell’attività venatoria alla specie per alcuni anni. Senza questi  presupposti minimi, simili interventi di rilascio si rivelano estemporanei e di durata effimera, utili  solo per accontentare i primi cacciatori che riusciranno ad accaparrarsi i malcapitati starnotti di  pollaio, impreparati alla vita selvatica.  

La decisione dell’Atc di liberare 1000 esemplari di starna alla fine di agosto, proprio nel  pieno della stagione di addestramento cani e a ridosso dell’apertura venatoria, fa pensare ad una  strategia di “selvaggina pronta caccia” più che all’interesse di reintrodurre la starna come  patrimonio faunistico locale. I momenti migliori per liberare gli animali vanno invece individuati nei  periodi di chiusura dell’attività venatoria, quando il disturbo è ridotto al minimo, in modo che essi  possano adattarsi all’ambiente naturale nel quale vengono immessi; le reimmissioni vanno quindi  pianificate dalla fine dell’inverno fino all’inizio dell’estate. 

In sintesi, se i rilasci di animali non vengono fatti secondo una pianificazione adeguata, si  rivelano dannosi, perché possono costituire vettori di malattie trasmissibili agli animali sani,  favoriscono la proliferazione della fauna opportunista, alterando l’equilibrio preda-predatore, e in  fine sono diseducativi per i cacciatori, oltre a costituire uno sperpero di denaro pubblico. 

Da ultimo è francamente incredibile che dopo tre anni di protezione della starna in tutta la  provincia di Ascoli Piceno in forza di un recente progetto pluriennale di reintroduzione, la stagione  venatoria imminente vedrà la riapertura della caccia al galliforme, vanificando praticamente tutti gli  sforzi e gli investimenti fatti finora con il progetto suddetto, comportando anche danno erariale ai danni dello Stato (sperpero di denaro pubblico e perdita di fauna costituente patrimonio  indisponibile dello Stato), del quale i funzionari responsabili potranno essere chiamati a rispondere,  atteso che gli ATC perseguono fini che trascendono una dimensione puramente privata, in quanto  attuativi della normativa comunitaria in materia di caccia e protezione della fauna selvatica, hanno  forme di finanziamento non collegate al mercato e sono soggetti ai poteri di controllo e vigilanza  da parte degli enti pubblici territoriali. 

Si invita pertanto l’ATC di Ascoli Piceno ad evitare questa regalia ai cacciatori e rivedere la  propria iniziativa, magari riorganizzandola interamente, seguendo le linee scientificamente valide  dettate dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), come ad esempio  è avvenuto nel Progetto LIFE Perdix, mediante il quale si è effettuata la reintroduzione della Starna  Selvatica Italica (Perdix perdix italica) nella ZPS Valle del Mezzano (Ferrara) nel Delta del Po  emiliano-romagnolo. 

In quel progetto è stato costituito un partenariato idoneo a rispondere efficacemente agli  obiettivi posti, mediante una composizione inedita che ha visto la sinergia dell’Ente scientifico  italiano (ISPRA) con l’ente di gestione territoriale competente nonché Carabinieri Forestali, associazioni di protezione ambientale ed associazioni venatorie. 


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