Desideravo un papa non europeo, men che meno italiano, per distaccarsi dagli intrighi della curia romana. Così è arrivato Jorge Bergoglio, e, come in questi ultimi giorni il desiderio popolare aveva intuito, espressamente scritto addirittura con un manifesto apparso in Piazza San Pietro, il nome è stato quello di Francesco. Il Santo della povertà.

Profezia sussurrata e miracolosamente avverata.

I primi passi di questo Papa argentino, venuto dalla “fine del mondo”, confermano quanto di lui si conosceva: sobrio, popolare, “francescano”: come il suo nome è stato invocato, così anche il suo stile, da queste prime ore, sembra esattamente quello desiderato. Una “rottura” netta, almeno nella forma, probabilmente anche nei contenuti. D’altronde, Roma resta sempre il centro del Cristianesimo ma chi è abituato ad osservarla dall’emisfero australe è obbligato anche a cogliere sfumature prima più nascoste se non omesse.

Sembra davvero l’Uomo della Provvidenza divina, o almeno questo si auspica. Cattolici, cristiani o meno, il potere del Papa è immenso anche nelle vicende terrene: una sua parola è in grado di accendere gli animi. Oppure, di mantenerli oppressi.

In Argentina la sua nomina è stata accompagnata da grandi festeggiamenti ma anche da qualche critica o atteggiamento distaccato, come è scontato in un paese che porta ancora addosso le ferite di una feroce dittatura militare nella quale, purtroppo, le alte gerarchie cattoliche chiusero entrambi gli occhi – e in qualche caso benedirono persino – i colonnelli autori di torture e massacri.

Ad ogni modo una delle prime visite del nuovo Papa sarà proprio nella sua terra, dalla “fine del mondo”.

 

 

 


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