ASCOLI PICENO – Sarà proiettato giovedì sera, alle 21, nella Sala della Comunità della parrocchia dei Ss. Simone e Giuda il film della regista danese Susanne Bier, “In un mondo migliore” (2010, 113’). La proiezione rientra nell’ambito della Rassegna “Frammenti della Biennale, Frammenti di Festival” organizzata dal Circolo di Cultura Cinematografica “Don Mauro-Nel corso del tempo” a cura del circuito regionale “Sentieri di Cinema” con il patrocinio del Comune e della provincia di Ascoli Piceno e con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno.
Il film della Bier ha ricevuto un incredibile numero di premi: Premio Oscar 2011 come Miglior film straniero; Gran premio della giuria e Miglior film votato dal pubblico al Festival internazionale di Roma 2010; la nomination come Miglior film dell’Unione Europea nel David di Donatello 2011 che verrà assegnato il prossimo 6 maggio.
Il film racconta la storia del dottor Anton (Mikael Persbrandt), che opera in un campo profughi in Africa. Tornato a casa nella monotona tranquillità di una cittadina della provincia danese, qui si incrociano le vite di due famiglie e sboccia una straordinaria e rischiosa amicizia tra i giovani Elias (Markus Rygaard) e Christian (William Jøhnk Nielsen). La solitudine, la fragilità e il dolore, però, sono in agguato e presto quella stessa amicizia si trasformerà in una pericolosa alleanza e in un inseguimento mozzafiato in cui sarà in gioco la vita stessa dei due adolescenti.
Come dice la regista, “il film esplora la nascita delle relazioni violente nei figli adolescenti e le difficoltà degli adulti che, con l’esempio personale, tentano di indicare la strada del comportamento civile, arrivando a ‘porgere l’altra guancia’. Ci si chiede se la nostra cultura ‘avanzata’ sia il modello per un mondo migliore o se piuttosto il caos sia in agguato sotto la superficie della civilizzazione”. Due ragazzi che saranno uomini, e due uomini in difficoltà a rapportarsi con loro: la partitura drammatica messa in scena dalla Bier parte da situazioni tristemente ordinarie (il bullismo a scuola, le liti per futili motivi in strada) e scarta all’improvviso su percorsi collaterali tanto imprevisti quanto rischiosi. Anton cerca di trasferire nel contesto ‘moderno e avanzato’ di Copenaghen la pazienza, la solidarietà, la fiducia che mette nel lavoro tra i disperati in Africa. Ma ci sono ferite su entrambi i fronti: fisiche da un lato, interiori dall’altro, ma per entrambi si tratta di recuperare la dignità violentata dell’essere umano. E’ una rivoluzione etica quella che il copione azzarda. Un sogno coraggioso e provocatorio, un nuovo inizio a partire dal perdono. Una proposta che il buonismo contemporaneo rifiuta, se è vero che al festival di Roma la regista si é sentita accusare di aver ceduto ad un finale troppo ‘mieloso’.
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