Premessa: Alberto Sordi,in “Le Vacanze Intelligenti”, aveva capito tutto.

UNA VOLTA: “lù magnà & lù beve”, il pranzo, il desinare, la “merenna”, il quartino di vino, il vino della casa, il menù del giorno, la “merennola” a metà mattinata (se si facevano lavori pesanti), la cucina povera, la cucina contadina, le cucine regionali, le trattorie & le osterie rifugio di operai e/o impiegati in pausa pranzo, la cucina della mamma “che quando andrai via di casa rimpiangerai amaramente”, la cucina della nonna, la nonna che sta in cucina con “lù zinale”, la nonna (ancora in cucina) che ti chiede di passargli “lù sparrò per prendere “la teggia calla”.

Sempre la nonna che ti dice con fare crucciato, davanti alle tue rimostranze nel finire un monte everest di spaghetti con ragù a mò di neve perenne – “se non lo mangi, sul tuo piatto ci balla lU diavolo”, oppure il più classico “pensa ai porì frichì che non hanno nulla da mangiare”. Pane e prosciutto, pane olio e pomodoro, pane e marmellata, le merendine (poche, che “pà & prosciutto non ha mai ammazzato nisciù”, nonna dixit), le torte, i ciambelloni, le crostate con le conserve fatte in casa, i pranzi dei giorni di festa (lunghi ed interminabili), il paninaro ignorante al lato della strada con le insegne al neon ed il nome esotico (punto di rifugio per notturni peccatori gastronomici), la spaghettata di mezzanotte, le ricette di Suor Germana, l’Artusi (per chi si voleva dare un tono), le ricette passate per trasmissione orale; dalle amiche, mentre si aspetta dal dottore, dalla parrucchiera, in qualsivoglia sala d’aspetto. Il cuoco, il lavoro del cuoco che è sudore & fatica, lo sguattero in cucina, la gavetta, un mondo più semplice, e meno “friendly”.

ADESSO INVECE:
lo slow food, il fast food, il finger food, lo street food (fatto sempre di insegne al neon e nomi esotici di cui poche righe sopra) il wine & food, le tipicità, la difesa delle tipicità, i tour del gusto, il turismo gastronomico con, sottobraccio, le guide del Gambero Rosso o Trip advisor (per chi è digitale & friendly) o Michelin. Il business dell food (che dire magnà o cibo, nel 2015, è roba da appestati), l’apericena, l’aperipranzo, l’apericolazione, l’aperitutto, il brunch, il brunch di lavoro, il vino esotico, il vino di “nonsodovemafafigoberlo”, il vino servito ad intenditori che fino a 5 minuti prima bevevano Tavernello, vinerie stile minimal tutte strutture acciaio e vetro ma con tavoli rustici a fare da contrasto, le vinerie stile “shabby”, il gusto fruttato, il sapore tannico, le birre artigianali corrette allo zenzero, spocchiosi camerieri di pub “irish wannabe only birre artigianali” che ti squadrano dall’alto in basso solo perché hai chiesto consiglio su quale birra prendere (perché tu, sei abituato alla Nastro Azzurro e/o alla Peroni ghiacciata e/o alla Moretti), le spese eque & solidali, la cucina molecolare, gli chef che fanno gli opinionisti, gli chef che scrivono libri, gli chef che fanno i presentatori, gli chef che stanno dappertutto tranne che in cucina, chef che fanno “ragù della nonna” davanti a turisti del gusto che fanno “ohhhhhhhhhh”, le soubrette che si reinventano chef, presentatrici che si reinventano chef, i reality a base di aspiranti chef (e dove gli chef veri si comportano come ridicoli sergente maggiore Hartman, di Full Metal Jacket; vero Cracco, Bastianich, Barbieri?), le cucine diventate sale da casting, gli chef che ti insegnano a fare tutto, financo pane e prosciutto (perché lo chef ti insegna che, pane & prosciutto con il pane di Altamura e il San Daniele, è più buono del tuo pane & prosciutto fatto in casa, con un pane anonimo e il prosciutto del tuo macellaio, brutto miserabile senza gusto che armeggi in cucina per sfamarti). “Il Boss delle torte” (Quei bravi ragazzi + cupcake, in pratica), “Hell’s Kitchen” (Il falò delle vanità + cucina), “Cucine da incubo” *, le tavole rotonde sul mangiare, le tavole rotonde sul mangiare in tv da Vespa (visto l’andazzo, siamo in attesa del plastico di Cogne fatto di marzapane), i critici gastronomici novelli maitre à penser del vuoto pneumatico, le librerie invase da libri di cucina; “101 modi per preparare l’aria fritta”, “101 ricette semplici e facili di (mettere chef e/o star a scelta)”, il declinare del mangiare, diventato sempre più fenomeno di costume che fattore di sopravvivenza,

* “Cake boss”, “Hell’s Kitchen”, “Kitchen Nightmares” in originale, nomi di 3 programmi televisivi americani, aventi per tema la cucina.


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