ASCOLI PICENO – Era accusato di violenza sessuale aggravata nei confronti della figlia sedicenne. Un uomo di poco più di cinquant’anni, di Pesaro, è stato processato e condannato in primo grado dal collegio giudicante del tribunale di Ascoli Piceno (presidente Emilio Pocci, giudici a latere Marco Bartoli e Bruno Fedeli) a 6 anni e mezzo di reclusione, al pagamento delle spese processuali, all’interdizione dai pubblici uffici e alla perdita della patria potestà sulla figlia, che all’epoca delle presunte violenze non aveva compiuto nemmeno 16 anni di età.
Una storia dai contorni torbidi che risale all’aprile del 2010, in cui le violenze sarebbero avvenute in momenti diversi. Secondo gli atti d’accusa, depositati dal Pm, Umberto Monti – che aveva chiesto per l’indagato 8 anni di reclusione – l’uomo, separato già da tempo dalla moglie, si sarebbe recato più volte in un paesino abruzzese dove l’ex consorte viveva con la figlia. Quelle visite, però, erano diventate un vero e proprio incubo per lei, perché l’uomo avrebbe approfittato di quei brevissimi frangenti per costringere sua figlia, allora nemmeno sedicenne, a seguirlo nel seminterrato di un pub da lui gestito, dove, una volta rimasti soli, sarebbe cominciato l’incubo.
Il cinquantenne pesarese, infatti, dopo aver preventivamente ostruito ogni via di fuga, si sarebbe denudato e avrebbe cominciato a masturbarsi, costringendo, inoltre, la ragazzina a fare lo stesso e a spogliarsi a sua volta, con lo scopo di immortalare l’orrendo scenario di violenza con una macchina fotografica usa e getta. Accuse gravissime nei confronti dell’uomo, il quale sarebbe arrivato addirittura mostrare alla figlia la ferma intenzione di voler diffondere il materiale pedo pornografico realizzato, vendendone parte ad una terza persona per poi consegnarle una percentuale dei soldi ricavati.
Prima della camera di consiglio, l’udienza è stata incentrata sull’arringa degli avvocati difensori, Antonio Talamonti e Pierluigi Acciaferri, secondo i quali, tra le altre ipotesi difensive, ci sarebbero delle circostanze contraddittorie rilevanti. Dubbi, secondo i legali del cinquantenne di Pesaro, anche su alcuni dettagli del contesto in cui sarebbero avvenute le violenze e sul fatto che la ragazzina sarebbe stata fortemente osteggiata dal padre per una relazione che da tempo aveva iniziato con un ragazzo di nazionalità romena. Lei sarebbe rimasta incinta e il padre l’avrebbe costretta ad abortire, scatenando, secondo la difesa, le ire della ragazza a tal punto da decidere di ordire una sorta di vendetta trasversale contro il genitore.
L’uomo, che ha sempre negato ogni addebito, per bocca dei suoi legali difensori ha sempre espresso la volontà di “voler parlare solo con la Corte, senza far ricorso a riti alternativi”. Dopo la sentenza di condanna, Talamonti e Acciaferri, annunciano battaglia in Appello.
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