ASCOLI PICENO – In attesa della risposta di Luciano Agostini, deputato del Partito Democratico e grande “detrattore” del progetto Restart (risposta che avverrà con una conferenza stampa fissata per sabato 12 ottobre), riteniamo, umilmente, di dover dire la nostra.

Perché piatto secondario della conferenza stampa di Restart di giovedì è stato anche il ruolo della stampa. Per qualcuno a rischio “dettatura”, per altri chiamata doverosamente ad “esprimersi”. Noi, per piacere del lavoro, per non annoiarci, per carattere e per rendere un servizio di opinione, naturalmente relativo soltanto al nostro punto di giudizio, non ci tiriamo indietro.

Vediamo.

1. “La bonifica se la paghi chi ha inquinato, la Sgl Carbon“. Posizione rispettabile ma che a ragione lascia nella proprietà della Sgl Carbon l’area in questione, che dunque non potrà essere sfruttata in nessun modo e in nessuna porzione a favore della città. Ipotesi bocciatina.

2. L’area venga bonificata dal pubblico. In questo momento, purtroppo, è impossibile, anche se il “pubblico” dovrebbe intervenire nelle città e nel territorio italiano proprio per questo genere di situazioni. Nessun privato avrà mai interesse a bonificare una zona inquinata, o a mettere in sicurezza idrogeologica un’area abitata. Di queste cose devono interessarsi lo Stato e le Regioni. Purtroppo, con la cecità di Bruxelles e in subordine di Roma, non è una ipotesi di breve periodo. Ipotesi bocciata.

3. Dunque resta praticabile la soluzione dell’intervento privato con benefici sia per il pubblico (bonifica, impresa, aree verdi) che per il privato (profitto). Proprio su quanto debba essere la quota di profitto, infatti, si sta discutendo. Tra le righe le parole di Franco Gaspari e Vincenzo Marini Marini lasciano supporre che, se qualcuno fosse in grado, a stretto giro, di proporre un Piano B rispetto all’attuale Piano A (costruzione di 1200 appartamenti) neppure Restart se ne dispiacerebbe. Perché il mercato immobiliare è fermo e probabilmente l’Italia ha accumulato un patrimonio immobiliare talmente diffuso che non sarà più possibile assistere a bolle come quelle che hanno gonfiato i prezzi tra il 2002 e il 2009.

Ecco che persino coloro che hanno realizzato il progetto Restart sollevano qualche dubbio: Vincenzo Marini Marini parla di investimenti che rientrerebbero in decenni, Franco Gaspari accenna al fatto che se invece che appartamenti si volessero costruire opere pubbliche (caserme, scuole e via dicendo) non sarebbe da ostacolo al progetto.

Tuttavia, anche se vi fosse dell’acqua un po’ sporca, sarebbe folle buttare il bambino, che in questo caso si chiama verde pubblico, parco tecnologico, lavoro qualificato e nuove imprese.

Quale dunque la soluzione per mitigare quello che potrebbe essere un nuovo quartiere ma del tutto superfluo, stante le necessità e i numerosi cartelli di vendesi e affittasi che si vedono in città?

Azzardiamo – ma potremmo anche operare soltanto nel campo della fantasia, necessaria però per superare il rischio impasse – un passo ulteriore. Perché non pensare ad Ascoli 21 e ai nuovi insediamenti con l’occhio veramente proiettato al secolo appena avviato, piuttosto che a quello passato? Perché non ipotizzare per gli insediamenti abitativi le stesse  soluzioni d’avanguardia prospettate per gli insediamenti produttivi?

Ridurre le volumetria e il numero di appartamenti e quindi anche i residenti, senza magari ridurre della stessa proporzione i possibili profitti. Parliamo di edilizia ecosostenibile, di recupero totale delle acque, di energia rinnovabile e riduzione degli sprechi. Di qualità della vita.

Non è escluso che per progettualità del genere (magari secondo uno schema da “piccola/grande Opera”, ovvero un intervento architettonico altamente qualificante anche con rilevanza internazionale, una specie di Weissenhof picena, un accostamento tra il travertino e qualche moderna sua applicazione) esistano anche opportunità di fondi pubblici.

E qui veniamo a Luciano Agostini. L’accusa principale a lui mossa – la stessa che viene mossa all’esponente del Pd in merito, ad esempio, all’housing sociale che vede sempre la Fondazione Carisap quale partner rilevante – e indirettamente ai gruppi e comitati che si sono mossi di conseguenza, è quella di non partecipare alle fasi di consultazione per poi ostacolare invece il processo decisorio una volta che il quadro d’azione è stato definito.

Perché, anche se le nostre fantasie potrebbero essere più o meno condivisibili, il problema è che “virare” il progetto originario di Restart rischia di essere troppo costoso e inattuabile. Anche perché gli enti preposti a dare una risposta sonnecchiano da due anni. Anche di questo, forse, dovrebbe interessarsi Agostini. O no?

 


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