La vicenda del cosiddetto “Deltaplano” in fase di realizzazione a Castelluccio di Norcia, che abbiamo rilanciato nei giorni scorsi con i post critici degli scrittori Michele Sanvico, Loredana Lipperini e Silvia Ballestra, ha contribuito ha creare una discussione collettiva di grandi proporzioni (l’articolo è stato letto più di 100 mila volte in pochi giorni). Ci sembra opportuno questo approfondimento di Laura Colini su Tesserae.eu, architetto e ricercatrice nell’ambito della rigenerazione urbana e professionista impegnata nell’ambito delle politiche urbanistiche della Commissione Europea. Approfondimento doveroso anche a fronte delle minacce di querela da parte degli amministratori umbri e alla futura necessità, a fronte dell’incredibile interesse mostrato, di approfondire i tanti aspetti emersi per garantire una informazione il più completa possibile.

NOTE PER UN’URBANISTICA A SUON DI SCOSSE
Il Villaggio Alimentare di Castelluccio di Norcia.Se il terremoto scuote i territori, le case e la gente, anche l’urbanistica può scuotere paesaggi, animi e cuori.
Questo è quanto succede con il Deltaplano: un progetto di rigenerazione urbana di una ex cava a Castelluccio di Norcia all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
Castelluccio è il paese che domina il Pian Grande, un altipiano a 1350 metri di altitudine, parte costituente di un luogo magico che mozza il fiato, e che non si dimentica. Un paesaggio poetico in perfetto equilibrio tra uomo e natura. Un equilibrio che rischia di essere stravolto.La storia comincia il 30 Ottobre 2016 con il terremoto che distrugge il paese di Castelluccio di Norcia. I giornali ne parlano come uno dei centri più devastati dal sisma. Alla devastazione delle case, si accompagna la disperazione dei pochi abitanti che oltre a trovarsi improvvisamente senza tetto in un inverno che non è mai clemente in montagna, sono isolati per mesi. Chi vive lì perde tanto: si perde la quotidianità serena della vita di Castelluccio, la speranza di un ritorno ad una normalità e l’immaginazione di un futuro per se stessi e per il proprio paese. Sì perché a Castelluccio la vita individuale e comunitaria sono imprescindibili dal luogo, dal paese, dalle montagne e dallo scenario unico del Pian Grande.
Castelluccio è sfuggito a malapena al destino dell’abbandono toccato a molti altri piccoli centri umbri grazie alla produzione di eccellenza di lenticchie e formaggi, alla presenza degli amanti del deltaplano e alle risorse naturali del parco dei Sibillini. Tutto questo ha subito un colpo immediato con il terremoto.

luglio del 2017, la Regione Umbria presenta  un progetto di rilancio con la delocalizzazione delle aree produttive e attività di ristorazione in un unico luogo, nella ex cava a ridosso del paese.
Il progetto che si chiama Deltaplano proprio in onore dei turisti sportivi che frequentano Castelluccio, prevede una superficie edificata di circa 1.500 metri mq, con la realizzazione di  ristoranti di varie dimensioni uno accanto all’altro, in una struttura temporanea che domina il Pian Grande. Disegnato dall’architetto Francesco Cellini, il progetto prevede la rigenerazione della cava ma anche la compromissione di una parte della collina, colata di cemento per la superficie dell’impianto, costruzione di aree parcheggio e opere infrastrutturali. Attraverso i fondi di 2,5 milioni della Protezione Civile, Regione Umbria e Nestlè-Perugina, con il Deltaplano rinascono speranze negli abitanti e al contempo conflitti e polemiche. Sin dal lancio il progetto suscita critiche (abc) sostanzialmente cadute nel vuoto, che si rianimano quando cominciano i lavori a fine aprile 2018. Un articolo parla del Deltaplano come ecomostro, e il sindaco minaccia querela per “fake news”.

Cosa c’è di vero e di falso nella definizione di ecomostro è però una questione che aiuta poco a capire lo stato dei fatti. Dovremmo tutti, a cominciare dai cittadini di Castelluccio, diffidare della dicotomia vero/falso, perché questa dualità uccide ogni forma di dialogo e di riflessione individuale e collettiva. Dobbiamo ancora parlarne. Provo a dipanare la matassa con qualche riflessione su quelli che mi sembrano alcuni punti caldi del progetto Villaggio Alimentare alias Deltaplano:

Il progetto è condiviso.
Nicola Alemanno, il sindaco di Norcia, Catiuscia Marini presidente della Regione Umbria e altri difendono il Deltaplano come un progetto condiviso. Un elemento cardine della condivisione è la costante partecipazione, elaborazione e discussione a più voci di un problema dalla sua definizione alla/e soluzione/i. Questo però non basta, perché la partecipazione prevede un ripensamento dei poteri decisionali, altrimenti è manipolazione.
Nel caso del Deltaplano la partecipazione non sembra essere un processo virtuoso. Il Deltaplano è un pacchetto già confezionato con tanto di firma di “archistar” (spettacolarmente definito tale dai giornali locali) da rendere luccicante la soluzione del problema definito da poteri decisionali che hanno già preso accordi tra attori forti. A questo punto basta il consenso dei cittadini, il loro convincimento al sostegno del progetto e tutto può andare avanti. Gli enti pubblici sembrano essere lentissimi nelle opere di ristrutturazione degli immobili: su 100 000 case disastrate nel centro Italia solo 18 sono ristrutturate. Gli abitanti sono disperati, non ascoltati, passivamente arresi e dipendenti dalle decisioni (e inefficienze) del settore pubblico. Quando si piange, qualsiasi attenzione, sembra un regalo inatteso. Così il progetto del Deltaplano arriva come una torta bella e pronta su cui tutti, specie chi l’ha preparata, potrebbero mangiare, senza dichiarare chi festeggia, chi mangia e chi ne smaltisce i rifiuti.

Il progetto non impatta l’ambiente
L’architetto definito ambientalista presenta il suo progetto nel luglio del 2017: descrivendone la struttura“ la copertura deve sopportare un carico di 700 mq per la neve, il vento e per la sfiga del sisma[…] sarà coperto da un piccolo strato di terra che non sarà prato inglese ma erbaccia incolta, naturale ,del posto […], non dico le lenticchie però diciamo il prato che viene da sè”. Quella definita -con poca eleganza verbale e professionale- come erbaccia, per chi si occupa seriamente di ambiente, è una preziosa unicità ambientale e magari è proprio quell’ “erbaccia” che ha contribuito a fare del formaggio e delle lenticchie prodotti unici.

Continuando la presentazione il progettista sostiene che “tutti i ristoranti avranno l’affaccio sul Pian Grande” per assicurare che il progetto sia vendibile per ristoratori e clienti. D’impatto ambientale se ne parla quasi esclusivamente in termini di visibilità, come se il verde sulla copertura del Deltaplano mimetizzasse il tutto. Il progetto si vedrà eccome. E della colata cementizia non se ne fa cenno, nè con il progetto sono definite le misure di dismissione a chiusura della fase emergenziale. Inoltre il progetto del Deltaplano non si esaurisce nel progetto architettonico, che viene presentato in un accattivante 3D senza automobili, strade, gente, come se il Deltaplano fosse una farfalla che si è appena posata sul prato. E’ un progetto che sconvolge il tessuto, dal punto di vista dei flussi, degli usi e dell’urbanizzazione di un luogo che urbanizzato proprio non deve essere.
I promotori del progetto, e chi ne è stato convinto in frettolose battute, hanno violentemente spazzato via ogni fondata argomentazione critica forti della legittimità emergenziale per il governo del territorio, e dell’aut-aut del Deltaplano come unica risorsa per la ricrescita del paese.

La legislazione lo permette e la struttura è temporanea
L’area di Castelluccio è tutelata paesaggisticamente ma queste tutele sono svanite in vista della Determinazione Dirigenziale N. 1098 del 05/02/2018 che dà l’avvio alla realizzazione di “strutture temporanee per la delocalizzazione delle attività produttive per la ristorazione a Castelluccio di Norcia”.
“Per quest’opera temporanea e rimovibile  abbiamo ottenuto la Vinca (valutazione incidenza ambientale, ndr) dall’Ente Parco, mentre
anche se non era necessario abbiamo acquisito i pareri favorevoli del ministero
dell’Ambiente e dei Beni culturali”questo afferma Alfiero Moretti dirigente del Servizio organizzazione e sviluppo del Sistema di Protezione Civile Regione Umbria. Tutto è stato approvato sotto l’egida delle politiche emergenziali del terremoto facendo leva sullo smarrimento di chi si trova improvvisamente senza casa e senza lavoro, come gli abitanti di Castelluccio tanto da arrivare a vedere il Parco così comè oggi come nemico, un vincolo per la crescita (ab).
Verrebbe da chiedersi quanto la legislazione non sia stata magistralmente orchestrata per dare garanzie di realizzabilità a una decisione già presa e quanto questi strumenti legislativi non siano strumentalizzazioni che utilizzano il terremoto per deregolamentare il territorio a fine speculativi.

La clausola che permette la realizzabilità del progetto è la temporaneità.
Nell’urbanistica italiana la “temporaneità” ha tempi paurosamente elastici specie quando non c’è un piano e una volontà politica che ne determini la sua precisa durata. Nel caso del Deltaplano, la temporaneità andrebbe pianificata fissando esattamente la vita della costruzione a Castelluccio ( non i generici 15-20 anni), e un  definendo un piano per lo smaltimento da un punto di vista logistico, funzionale ed economico. Una volta costruito, Il Deltaplano è lì e ci starà a lungo: è tecnicamente smontabile ma non temporano. Non ci saranno probabilmente fondi per smantellarlo, non si saprà dove metterlo, e si farà a gara per decidere cosa farne. Forse tra 50 anni quando le strutture portanti, tanto all’avanguardia oggi saranno obsolete, allora si penserà alla dismissione, ma intanto Il Pian Grande sarà sempre più urbanizzato, pezzo dopo pezzo, dalle strade, dalle auto e dalla turistizzazione insostenibile che occuperà anche questo pezzo di paradiso.

Le alternative (non) ci sono
“In alternativa a questa struttura, sulla quale sono circolate cose che definire bufale è riduttivo – ha sottolineato Paparelli vice Presidente della Regione Umbria–  c’era l’ipotesi di più di 50 container lungo la strada della Piana. A questa ipotesi abbiamo voluto dire no, ed in questo siamo stati confortati dagli stessi abitanti ed operatori di Castelluccio, dell’Ente Parco e di molte altre associazioni ambientaliste”.
Ma è proprio così? o i containers o il Villaggio Alimentare? esistono sempre altre soluzioni, altri modi più condivisi di ripensare il governo del territorio, le città e il nostro ambiente, in modo rispettoso e vantaggioso per tutti: forse con progettazioni meno impattanti, meno spettacolari, più sensibili al contesto, meno ambigue economicamente, e forse senza nemmeno le firme di archistar. Prendere i cittadini per la gola, e metterli nella trappola di vedere questa del Deltaplano come unica alternativa all’immobilismo della ricostruzione e alla lentezza della crescita è pretestuoso.

Dobbiamo organizzarci per riaprire questo dibattito in modo più allargato. Non può essere dismesso come fake news. Questo non è solo il caso di Castelluccio, qui si parla di un modus operandi delle amministrazioni pubbliche le quali devono prendersi la responsabilità anche del dibattito, anche delle voci contrarie e non controbattere a suon di minacce contro chi esercita il diritto di pensiero e di parola.

Forse dovremmo anche focalizzare lo sguardo altrove, non alla cava, ma proprio a quelle ristrutturazioni non realizzate in tempi adeguati e chiedersi perché il Deltaplano va di fretta contro i tempi biblici della ricostruzione. Insomma dovremmo davvero riflettere un pò di più sul progetto urbano del Villaggio Alimentare e stare attenti a chi ci mangia. Siamo sicuri che non sia un cioccolatino avvelenato?…la piana con il suo ecosistema potrebbe non digerirlo.

Laura Colini, 02 maggio 2018

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