ASCOLI PICENO – Anche ad Ascoli è nato il “Tea Party”: leggi qui.
A livello filosofico ed ideale molto condivisibile: meno tasse e meno spesa pubblica. Libertà.
Ma nella pratica? In realtà sembra voler affrontare uno tsunami con una tavola da surf: bello, avventuroso, ma distruttivo.
Quello che vorrei capire dai Teeparters nostrani è questo: il taglio delle tasse produce un deficit, almeno nel breve periodo, forse compensato (in parte, non in tutto, tranne episodi fortunati) nel medio periodo. Eppure i Tea Party americani sono i più rigidi sulle regole del bilancio, e probabilmente gli italiani sono d’accordo sul pareggio di bilancio in Costituzione, sul Fiscal Compact e sull’austerità europea. In tutto questo vedo o una grande contraddizione o un grande bluff. O si accetta la possibilità di spendere a deficit, seppur dal lato del taglio delle tasse, o tutta l’operazione Tea Party sarà solo propaganda. E appunto vorrei capire se il deficit di bilancio viene considerato il male assoluto da evitare, o meno: nel secondo caso i Tea Party faranno bene a chiedere di ridurre le tasse, nel primo caso invece devono specificare quanti licenziamenti di infermieri, professori, dipendenti comunali sono necessari per portare la pressione fiscale al 35%.
Vediamo perché: negli Stati Uniti, dove il “Tea Party” è diventato un movimento consistente della destra Repubblicana, tralasciando le questioni morali e soffermandoci su quelle economiche, gli ultimi presidenti che hanno dichiaratamente sventolato il vessillo “libertario, liberista e conservatore” sono stati i repubblicani Ronald Reagan (anni ’80) e, a cascata, i Bush, padre (inizio ’90) e figlio (2000-08, poco libertario però).
Vediamo: la Reagonomics fu caratterizzata sì da un vigoroso taglio fiscale ma anche da un aumento altrettanto vigoroso della spesa pubblica. Basta leggere Wikipedia, eh. Ecco qui: taglio del 25% dell’imposta sul reddito, dalla riduzione dei tassi d’interesse, dall’aumento delle spese militari e anche del deficit e del debito pubblico. Dopo una recessione nel biennio tra il 1981 e il 1982, l’economia statunitense iniziò una rapida ripresa nel 1983.
Sì, bene, Reagan predicava la riduzione dell’intervento statale ma, in compenso, aumentava le spese dello Stato (e tagliava le tasse: operazioni del tutto contrarie a Monti!). Insomma, pur non conoscendo la Modern Money Theory, Reagan e i suoi sapevano bene come muoversi. Peccato, però, che la spesa a deficit – ovvero quella che ha reso così rampanti gli americani negli Anni ’80 – non avveniva per scuole, sanità, infrastrutture, ma per la spesa militare, arricchendo i soliti noti. Ma i Tea Party piceni questo lo sapranno, e quindi sapranno che per avere (ancora Wikipedia, più facile di così) ricchezza diffusa e non concentrata, sarà bene fare deficit, ma non scialacquando verso i soliti noti italiani. Reagan operò “un pesante aumento della spesa militare e nonostante il taglio di 25 miliardi di dollari destinati alle politiche assistenziali per i più poveri in nome della lotta alle frodi, provocò un forte incremento del deficit”.
Vediamo a Bush dabliù. Alla fine del suo mandato grosso modo ricalca la Reaganomics: clicca articolo de Il Sole 24 Ore. Deficit record, incentivi alle imprese, taglio “ai fondi sanitari e sociali”. Insomma: pagano i poveracci, l’industria bellica s’ingrassa a dismisura. Scelte politiche che magari i Tea Party italiani potrebbero contestare o approvare ma quello che più ci interessa, in questa sede, è verificare ulteriormente come Bush dabliù, nonostante si presentasse come un convinto fautore della riduzione dell’intervento pubblico nell’economia, abbia invece sfruttato al massimo la spesa a debito degli Stati Uniti (incredibilmente l’unico a chiudere con alcuni attivi di bilancio fu il democratico Clinton, ma ora lasciamo perdere questo aspetto che ci condurrebbe ad ulteriori approfondimenti).
Dopo la panoramica storica, veniamo al dunque. I Tea Party “the original ones” d’Oltreoceano hanno strombazzato alla grande la scorsa estate: “Gli Stati Uniti rischiano di fallire! Troppa spesa pubblica! Troppo debito pubblico!“. Ricordate? Obama contrattava coi Repubblicani l’innalzamento del limite, stabilito dalla legge, del debito pubblico, 14.400 miliardi di dollari. I Tea Party strepitavano, Obama diceva: “Rischiamo l’Armageddon”.
Insomma: negli Stati Uniti rischiavano di passare per più stupidi dell’Unione Europea (il limite del deficit pubblico è una misura stupida come può essere il limite da dare al numero di abitanti di una nazione) con le sue cervellotiche imposizioni di bilancio, ma lo hanno evitato, prendendo a pernacchie le agenzie di rating che hanno declassato i titoli americani, perché i tassi di interesse sono ulteriormente rimasti a livelli bassissimi, nonostante Mister Smith ha sulla testa il doppio del debito di un signor Rossi italiano (il che non significa nulla, e la vicenda Usa lo conferma).
Ormai lo hanno capito tutti, tranne pochi (e i Tea Party rischiano di essere fra questi): “Gli Stati Uniti hanno zero possibilità di fallire perché emettono moneta“, dice Stiglitz, premio Nobel per l’Economia, virato sulle posizioni MMTiane di Kelton e Mitchell. Ma persino il candidato repubblicano alle presidenziali, Romney, lo sa bene: clicca qui.
Ora, naturalmente i Tea Party hanno ragione a chiedere una minore tassazione, ma sarebbe bello si esprimessero sul pareggio di bilancio in Costituzione, che se fosse stato applicato in epoca di Reaganomics avrebbe stritolato di tasse gli Stati Uniti per pareggiare la spesa a deficit (seppur per le elite militari).
E che si esprimessero sull’isteria da deficit, che tale si è dimostrata negli Stati Uniti, dove all’aumento del debito pubblico corrisponde un tasso di interesse sempre minore, come dimostra la nostra foto. E cercassero di spiegare perché il Giappone, con un debito pubblico del 230% del Pil – ma forse non ha senso dividere il debito formato in decenni per un dato relativo ad un anno? Che senso ha? – paga un sesto dei tassi di interesse della Spagna, che è a meno del 70%, o perché la Germania, che è oltre l’80%, ha avuto le ultime aste sui titoli pubblici a “tassi di interesse negativi”.
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Caro PierPaolo, abbiamo visto la settimana scorsa Monti fare a cazzotti con la curva di Laffer da cui si deduce che le sue politiche fiscali non stanno dando i frutti sperati e i mercati l’hanno capito con una nuova impennata dello spread.
Adesso c’è da capire una cosa, che finora in Italia l’ha detta solo Osca Giannino: per mantenere un equilibrio Finanziario degno di questo nome lo Stato Italiano deve mettere mano al suo attivo. Perchè di fronte a grandi squilibri nel passivo del bilancio Italiano (ovviamente è una riclassificazione perchè il bilancio dello stato Italiano è fatto per Titoli) si deve porre rimedio con l’attivo. Ad esempio ci sono una miriade di situazioni che consentirebbero di abbattere il debito di qualche punto percentuale e veder così riassorbiti gli Oneri finanziari che creano il deficit (perchè ricordiamoci che l’Italia ha un avanzo primario ma un disavanzo secondario).
Come si fa a mettere mano all’attivo? Tralasciando le assurdità del tipo “Vendiamo il Colosseo” la soluzione è mettere sul mercato le attività economiche dello stato che GIA’ operano in regime di concorrenza ad esempio Bancoposta (che fa dumping bancario perchè gli operatori degli uffici postali svolgono mansioni da impiegati di banca ma non con i costosi contratti del CCNL delle Banche ma con i più economici CCNL del servizio Postale…. giusto per fare un esempio), diciamo che con la sola dismissione del 50% di bancoposta lo Stato potrebbe ricavare 2 miliardi facili facili. Altro passaggio interessante può essere la separazione tra rete ferroviaria e servizio ferroviario, dove a sua volta si dovrebbe scindere il servizio ferroviario che opera sul mercato da quello del servizio universale. Anche quì ci sono qualche miliardo di euro facile senza considerare le esternalità derivanti dalla liberalizzazione del settore… Poi ci sono tutti i servizi locali (raccolta rifiuti…) e così via.
Quindi ridotto il debito lo stato potrebbe raggiungere anche un avanzo secondario che consentirebbe di ridurre le tasse. In Italia certamente lo Stato deve essere più leggero sia in termini di pervasività nella vita dei cittadini che come prelievo fiscale ma preservando alcuni servizi base (Giustizia, Istruzione Sanità, Trasporti…..) però questi dovrebbero di molto essere efficientati perchè i margini ci sono ma i politici perderebbero molto potere!
Ale, per diminuire la pressione fiscale del 10% (in pareggio di bilancio in Costituzione) occorrono 200 miliardi, non le “spending review” di (forse) 4 miliardi… L’unica via a cui ci stanno spingendo è la vendita di assetti strategici nazionali. Dopo di che, saremo un paese del Terzo mondo a tutti gli effetti: senza governo, senza moneta, senza industria.
Pierpaolo secondo questo documento (http://www.senato.it/documenti/repository/dossier/bilancio/Elementi_di_documentazione/ED%2040%20(ed.%20definitiva).pdf) nel 2011lo Stato Italiano ha registrato entrate pari a circa 443 Miliardi e Spesa Corrente (al netto degli interessi e delle spese in conto capitale di circa 381 miliardi da questo si capisce che se non avessimo debito potremmo tagliare le tasse per complessivamente circa 55-60 miliardi!!!!! Niente male!!!! Se consideriamo il debito (circa 80 miliardi all’anno di interessi) vediamo che dobbiamo rifinanziarci con nuovo debito e quindi gli interessi l’anno successivo saranno maggiori sprofondando in un circolo vizioso devastante! Lo Stato va alleggerito specie per quelli che non sono asset strategici, ma non lo si fà perchè la politica perderebbe potere…. Ma te lo Immagini il PD di San Benedetto senza la Picenambiente???
Scusa ma la percentuale della spesa statale sul Pil ha superato il 50% se non erro, ad ogni modo facciamo 50% per facilità. Su 1.800.000 miliardi di euro, circa 900 mila. Forse quel documento (letto molto veloce) fa riferimento solo allo Stato centrale e non a tutti gli enti regionali, comunali, ecc? O mi perdo qualcosa? (cmq il conto che avevo fatto sopra, troppo rapido (ero in conf stampa :D), faceva erroneamente riferimento a 2 trilioni di euro e non ai circa 1)
Tu parli dell’ammontare del debito (1800 miliardi di €) su quello paghi circa il 4% di Oneri finanziari cioè 80 miliardi all’anno.
La spesa che tu dici devi prendere il dato di spesa corrente (lo trovi sul link che ho messo).
Siamo ampiamente dentro la copertura dei costi correnti dello Stato, dobbiamo fare nuovi debiti per pagare gli interessi sul vecchio debito (che assurdità) per questo servono politiche di abbattimento del debito per ridurre gli oneri finanziari annui.
Sembra una banalità ma è una policy che uccide la politica per come la conosciamo oggi e quindi non è mai stata percorsa.
Sì chiaro, ma i dati non mi riportano, non ho tempo ora di leggere bene il link lo faccio stanotte, ma se la pressione fiscale è il 47% del Pil, siamo a circa 900 miliardi di euro di prelievo. Comunque siamo in attivo tolti gli oneri, certo, su questo non ci piove (lo siamo da 20 anni, quindi da 20 anni i prelievi sul ns portafoglio sono maggiori delle immissioni da parte dello Stato…)
Pier allora l’italia ha un rapporto Debito/Pil del 120% che con 180 miliardi di euro di debito fa circa 1500 miliardi di euro di PIL (fonte ISTAT). Dal Bilancio dello stato le entrate tributarie sono su circa 400 miliardi (personalmente mi sembrano molto poche….) non 900….
Sì appunto, 1500*0,47%= circa 730… A meno che i 400 non siano calcolati su Pil effettivo, che è 1200 (+evasione fiscale), ma anche in questo caso saremmo al 30%, boh
come esponente ed animatore del Tea Party Marche le faccio i complimenti per la lettera, davvero intellettualmente stimolante. Sicuramente le risponderò, spero che me la pubblichiate
Sicuramente [email protected]