ASCOLI PICENO – Prendono la parola loro, i figli del pittore Aldo Castelli, di cui un’opera è stata restaurata e posta nell’aula magna dell’Istituto per Geometri Umberto I° scatenando le reazioni di molte parti politiche e sociali (Pd, Rc, Anpi). Qui puoi leggere il contenuto dei comunicati di protesta.

Di seguito due comunicazioni dei figli Fioretta, Paolo e Simonetta, molto duri nei confronti dell’Amministrazione Comunale e di tutti coloro che hanno visto nel loro padre un “pittore di regime”. Le note sono state pubblicate sul sito dell’Anpi di Ascoli Piceno.

Essendo stati informati da un’amica ascolana dell’articolo – comparso sul Messaggero del 10 ottobre (con titolo incongruo rispetto al contenuto) – in cui si dava notizia della presentazione dell’opera di Aldo Castelli, ricomposta nel luogo per il quale era stata realizzata nel 1937 (l’aula magna dell’Itcg di Ascoli Piceno), abbiamo invano cercato di contattare persone in grado di fornire notizie più dettagliate sull’evento.

Essendo poi venuti a conoscenza di un altro articolo, di due comunicati dell’Anpi nonché di alcuni commenti ingenerosi e denigratori e di giudizi sommari su un artista che nella sua vita si è occupato solo ed esclusivamente di arte (e non certo di propaganda fascista), nel condividere pienamente le preoccupazioni espresse dall’Anpi deploriamo altresì l’atteggiamento di un’amministrazione che dopo aver negato per anni la giusta attenzione ad un artista che forse la meriterebbe, si segnala per l’inappropriatezza della scelta operata, in quanto l’opera di Aldo Castelli non può certo esaurirsi nella pur discutibile esecuzione di un’unica opera contestualizzata (tra le centinaia di opere catalogate).

I figli Fioretta , Paolo e Simonetta Castelli e la famiglia tutta, non essendo stati minimamente informati né tanto meno coinvolti nell’evento, non possono che esprimere il più profondo rammarico per l’accaduto, che potrebbe indurre ad annoverare sbrigativamente (ed erroneamente) Aldo Castelli tra i “pittori di regime”.

Grazie ad una operazione sconsiderata di cui non conosciamo i fautori (il ripristino di un’opera ormai dimenticata di nostro padre), ci troviamo nell’ imbarazzante situazione di dover tutelare la memoria di un artista dignitoso la cui storia personale, ignota ai più, è stata improntata su un sistema di valori ben lontano dall’ideologia fascista. Non crediamo che alcun membro della nostra famiglia possa essere annoverato tra coloro che ancora non hanno ancora fatto i conti la Storia.

L’improvvida esibizione di un manoscritto anonimo (comparso tra i commenti alla notizia riportata sulla pagina facebook dell’Anpi di Ascoli Piceno), in cui nostro padre è etichettato come propagandista fascista, ha provocato in famiglia un indicibile dolore, e ha destato nella maggiore dei figli – bambina all’epoca dei fatti – il ricordo di un’oscura angoscia vissuta attraverso il pianto accorato della madre, l’argomentare incredulo e mortificato del padre, e parole di cui era difficile – per la bambina di allora – cogliere appieno il senso (tradito da chi si diceva amico… brigata amici dell’arte … mai propaganda … minacce di ritorsione …. rifiuto di seguire i presunti amici repubblichini) e nomi di persone conosciute, anche… È riaffiorata poi la cupezza dei giorni in cui il padre, insolitamente taciturno e schivo, si sottraeva ai giochi abituali con i figli e si isolava nel suo studio, a dipingere; perché nostro padre questo era: un artista di provincia, forse modesto, che creava con impegno assiduo e appassionato piccole opere d’arte non prive di interesse.

Ci si consenta di offrire qualche spunto di riflessione a quelli che partecipano al dibattito sull’ infelice iniziativa (iniziativa che non ci ha visti coinvolti in nessun modo, se non negli effetti incresciosi che ha comprensibilmente e inevitabilmente provocato).

Alla caduta del fascismo, nell’ansia concitata di epurazione, qualcuno pensò di poter regolare i conti con la storia stilando frettolosamente liste di proscrizione basandosi su voci scarsamente controllate (e quindi non necessariamente fondate) se non addirittura su inimicizie e beghe personali; oggi, a distanza di alcuni decenni, c’è qualcuno che pensa di poter liquidare i conti con la storia azzardando giudizi impietosamente sprezzanti – basandosi su manoscritti anonimi, esibiti con noncuranza su una piattaforma sociale – su chi quella storia ha dovuto viverla faticosamente occupandosi di arte con grande onestà intellettuale.

Quanto all’atteggiamento delle istituzioni, ci preme osservare come l’attenzione riservata ad altri artisti locali (alcuni presentati più o meno indebitamente come allievi del pittore Aldo Castelli….) è mancata del tutto nei confronti di nostro padre: non una mostra, un evento, una pubblicazione che valorizzassero in qualche modo l’intera sua opera: pare che non ci fossero fondi per finanziare alcunché (ma i fondi per finanziare il restauro dell’opera in questione come saranno mai stati reperiti?). Piuttosto che valorizzare in qualche modo la sua immensa produzione artistica si è preferito organizzare un evento piuttosto scriteriato (su un’opera eseguita su commissione nel lontano 1937) che ha esposto nostro padre ad una indegna e umiliante (ahinoi prevedibile) gogna mediatica.


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